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Gino Capone: “Qualcuno ha la memoria corta, ma queste sono le vere origini del Torneo de’ Rioni”

torneo dei rioni

Qui di seguito una nota con la quale, a dispetto di tutta una serie di ricostruzioni circolate e circolanti, il noto sceneggiatore Gino Capone rievoca la genesi del Corteo e del Torneo dei Rioni di Oria, manifestazione alla cui nascita e al cui successo, tra la metà e la fine degli anni ’60, ma anche in seguito, lo stesso Capone contribuito in maniera molto significativa e cui era, è e resterà sempre legatissimo come ciascuno, del resto, a una propria “creatura”:

Ho letto attentamente quanto scritto dal professor Cosimo Mazza per celebrare, nelle sue intenzioni, i 50 anni del Torneo de’ Rioni con una sua personalissima cronistoria titolata “Turismo… via di speranza”. Credo invece che non si potesse fare torto peggiore alla verità storica della nascita della nostra rievocazione. Mi dispiace,

Gino Capone
Gino Capone

devo dire che è sconcertante, anzi sconfortante, che un uomo come lui, contemporaneo e quindi informato dei fatti, non abbia avuto l’onestà intellettuale di raccontare come sono andate le cose realmente, ma abbia omesso circostanze e personaggi noti a tutti, tanto più a lui che ha ricoperto anche il ruolo di Presidente della Pro Loco, ruolo che gli ha consentito l’accesso a documenti (verbali, corrispondenza, relazioni) in cui queste verità, da lui omesse, dovrebbero essere ben documentate. Dico dovrebbero perché non so come furono redatti i verbali cui faccio riferimento né se esistono ancora.

Mi chiedo, ma vorrei che se lo chiedesse anche lo stesso professore Mazza, come si fa a non citare, neanche con un minimo accenno, i due anni di gestazione (’65 e ’66) fondamentali per la nascita della rievocazione storica oritana, poi titolata “Corteo Storico di Federico II” e “Torneo de’ Rioni”. Due anni d’intenso lavoro, d’innumerevoli ed estenuanti riunioni, d’incontri privati e pubblici, la cui eco non può essere sfuggita neanche al più distratto dei cittadini oritani dell’epoca. Come si fa a ignorare che nei primi mesi del ’65 un giovane oritano poco più che ventenne, già in procinto di trasferirsi a Roma per fare il commediografo e lo sceneggiatore, su suggerimento, per non dire su forte pressione del padre, tesserato con la tessera n° 1 della Pro Loco per volontà del suo fondatore dott. Domenico D’Addario, presentò alla suddetta Associazione turistica un suo progetto, complesso ma ben articolato e dettagliato, finalizzato alla realizzazione di una rievocazione storica capace di dotare la città di Oria di un consistente richiamo turistico, allora del tutto inesistente, e di risvegliare nei cittadini, in tutti i cittadini, un interesse, allora del tutto modesto e circoscritto, per la propria storia locale.

La rievocazione si ambientava nel Medioevo, s’intitolava “Giostra Medievale in Oria Fumosa”, si svolgeva in due giornate (sabato, il Corteo; domenica, la Giostra) e s’incentrava su Tommaso D’Orea , protagonista di una gloriosa pagina di storia locale, e sui 4 rioni (allora del tutto inesistenti) in cui il giovane progettista aveva diviso la città. Ispirato dal ricordo di certe rivalità vissute da piccolo tra varie zone del paese, diede identità e dignità storica a ciascuna di esse, basandosi comunque su alcune caratteristiche storiche che dette zone possedevano, e ne ideò gli stemmi definendo colori e araldica. Sotta alla Lama divenne lo Rione Lama, sobbra a sannuminicu lo Rione Sancto Basilio, sotta alla chiazzedda lo Rione Judea e sobbra allu castieddu, lo Rione Castello.

Il consiglio de la “Pro Loco” di allora, presieduto dal giudice Donato Palazzo, e costituito dalla intellighenzia oritana, intuì subito la grandiosità e le potenzialità del progetto presentato dal giovane autore e cominciò a valutarne la fattibilità insieme a lui, che facendo su e giù da Roma, dove intanto era riuscito ad affacciarsi al mondo del cinema realizzando il suo primo film come soggettista, entrò nel vivo della preparazione presentando i bozzetti per i costumi dei figuranti della rievocazione, un plastico della piazza principale con la scenografia della cerimonia centrale prevista dal progetto e, perfino, il bozzetto del manifesto.

Le ultime resistenze di buona parte dei consiglieri “Pro Loco” contrari all’iniziativa caddero e prevalse l’entusiasmo del Presidente, del vice presidente, il dott. D’Addario, e di Alvaro Ancora, uno dei più giovani consiglieri, amico intimo del padre dell’autore oltre che suo primo sponsor dichiarato. Si decise quindi di partire e si partì con una mostra aperta al pubblico, allestita nei locali attigui la “Pro Loco” con i materiali elaborati dall’autore, e una presentazione ufficiale del progetto alla presenza delle massime autorità locali tra cui, in sostituzione del Sindaco, il Commissario prefettizio Naselli, durante la quale fu lanciata una petizione popolare per la raccolta dei fondi necessari alla realizzazione della rievocazione.

Si arriva così alla fine del ’66 in cui, durante una delle ultime riunioni programmate per dare il via ufficiale alla realizzazione del progetto di cui l’autore doveva curare anche la regia, il Consiglio de la “Pro Loco”, forse preoccupato dalla sua complessità, propose di realizzare per l’anno successivo (il ’67) solo il “Corteo” e di rimandare la “Giostra” all’anno seguente.

L’autore ritenne che non fosse opportuno debuttare con un’opera a metà e contropropose di prendere ancora un anno di tempo e rimandare il debutto completo (Corteo e Giostra) al ’68. Il consiglio accettò e solo per mantenere desto l’interesse e l’aspettativa del pubblico si decise all’unanimità di affidare al dott. D’Addario la realizzazione di una “Gimkana Ippica” con fantini dotati di pettorina riportante i colori dei quattro rioni.

Si mise a verbale la decisione e l’autore ripartì per Roma. Qualche mese dopo, invece, una lettera del padre lo informava che la “Pro Loco” , in spregio di quanto messo a verbale e senza neanche informarlo, aveva abbandonato l’idea della “Gimkana Ippica” decidendo di realizzare un corteo con i 4 rioni ufficiali ma con una figura centrale diversa dal progetto originale (non più Tommaso D’Orea ma Federico II), che titolò “Corteo Storico di Federico II e Torneo de’ Rioni”. Un vero colpo basso, oltre che un’appropriazione indebita di quanto ideato da altri.

Ma la storia non finisce qui, e il professor Mazza lo sa bene, solo che continua a omettere passaggi fondamentali che hanno fatto la storia di questa nostra cinquantenaria rievocazione. Nel ’68, in seguito alle vibranti proteste del padre e forse nel tentativo di riparare in parte al sopruso fatto al giovane autore, il Consiglio de la “Pro Loco” gli affida la regia del “Corteo Storico”, impostato con la collaborazione del mai dimenticato (da me) notaio Travaglini, mentre affida ad altri la realizzazione del “Torneo”, molto probabilmente strutturato nelle riunioni di cui parla il professore Mazza.

Il successo del “Corteo”, rispetto ai modesti risultati del “Torneo” in termini di spettacolo e d’ideazione , è tale che il giudice Palazzo, ancora Presidente delle Pro Loco, con una presa di posizione netta e forse anche personale, affida al giovane autore la realizzazione dell’edizione del ’69 dandogli carta bianca. Il giovane, oltre a mettere in piedi un team organizzato e affiatato di giovani collaboratori locali, scrive il copione dell’intera rievocazione, colloca la cerimonia della presentazione del Palio nella piazza principale ed elabora le coreografie, i giochi e le gare del “Torneo”, ivi compresi gli scontri degli stuntman a cavallo.

L’edizione, ancora impressa nell’immaginario collettivo, ebbe un tale successo che il Consiglio de la “Pro Loco” si sentì in dovere di premiare il giovane autore con una medaglia d’oro e un vassoio d’argento. Poi, di edizioni di successo, sempre dirette dal giovane autore, ve ne furono altre, ma i rapporti con i vari consigli de la “Pro Loco” che si susseguirono si deteriorarono. Il casus belli fu il fatto che il giovane e i suoi collaboratori più stretti, resisi conto che la Pro Loco da sola non poteva più garantire le risorse finanziarie per la crescita prevista della rievocazione, proposero la costituzione di un Ente organizzatore allargato al Comune, alla Provincia, alla Regione a alle imprese del territorio.

Soluzione che le “Pro Loco” di tutti i tempi hanno sempre osteggiato, compresa quella presieduta dal professor Mazza che se ha dimenticato tutto, visto le macroscopiche omissioni della sua cronistoria, non può non ricordare di quando, nella sua veste appunto di Presidente della Pro Loco, si recò a Roma per stilare un documento in cui il giovane autore, che nel frattempo aveva depositato alla S.I.A.E. il copione della rievocazione da lui elaborato, dichiarava che la rievocazione era un’opera estemporanea per cui esonerava la “Pro Loco” dall’obbligo di versare i relativi diritti d’autore. Questi sono i fatti. Tutto il resto è noia.

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