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Furti ed estorsioni, i dettagli: banda ben organizzata e colpi in serie

L'organizzazione così come ricostruita da carabinieri e procura
L’organizzazione così come ricostruita da carabinieri e procura
un momento della conferenza stampa odierna in Procura a Brindisi
un momento della conferenza stampa odierna in Procura a Brindisi

“Se devi fare questo lavoro, lo devi saper fare”, dice uno dei 13 indagati a un altro riferendosi alla perizia nell’individuare ed eliminare, nel caso, il segnalatore Gps montato a bordo delle auto. È soltanto una delle numerose conversazioni captate dai carabinieri della stazione di Oria, che stamattina (27 giugno 2017), in collaborazione coi colleghi del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Francavilla Fontana, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere – emessa dal Gip del Tribunale di Brindisi su richiesta della Procura della Repubblica – nei confronti di 13 persone, 11 delle quali saranno chiamate a rispondere del reato associativo finalizzato alla commissione di furti aggravati (d’auto e in appartamento), estorsioni (perlopiù cavalli di ritorno), riciclaggio e ricettazione a Cavallo tra le province di Brindisi, Lecce e Taranto. Di seguito, le persone accusate a vario titolo dei reati di cui sopra:

Maurizio De Michele, 45enne di Oria; Daniele Durante, 26enne di Oria; Antonio Cera, 27enne di Oria; Antonio D’Amuri detto “Tony”, 21enne di Oria; Fabio Iurlaro, 28enne di Oria; Rocchetto Leo, 31enne di Francavilla Fontana; Eugenio Errico, 28enne di Latiano; Antonio Lodeserto detto “Gargamella” (zio di Maurizio De Michele), 62enne di Oria; Andrea Pichierri, 25enne di Oria; Attilio De Michele, 22enne di Oria (figlio di Maurizio De Michele); Mario Iurlaro, 64enne di Oria; Cosima Bernardi, 25enne di Oria; Angela De Michele, 40enne di Oria (moglie di Maurizio De Michele e madre di Attilio De Michele). A Pichierri e Leo non è contestato il vincolo associativo poiché individuati solo quali collaboratori occasionali del sodalizio. Tra gli indagati – in totale 27 – figura anche un minorenne, per cui procede separatamente la Procura per i Minori di Lecce.

La “banda” – stando alle ricostruzioni investigative – faceva capo a Maurizio De Michele, mentre Fabio Iurlaro ne era promotore/organizzatore comunque compiti “decisionali, di pianificazione, di individuazione delle azioni delittuose e delle strategie di furto, estorsione e auto-riciclaggio”.

Daniele Durante, Antonio Cera, Attilio De Michele, Antonio Lodeserto sarebbero stati, invece, ricettatori delle autovetture “utilizzate per la commissione degli altri reati-fine” nonché “esecutori materiali dei delitti di furto, estorsione con la tecnica del cosiddetto cavallo di ritorno, ovvero di ‘ripulitura’ dei beni provento di reato nei circuiti dell’economia”.

Eugenio Errico e Mario Iurlaro sarebbero stati “mandanti dei delitti di furto e preposti, altresì, alle operazioni di smontaggio, rivendita e riutilizzo delle vetture provento di delitto o di loro singoli componenti”.

Angela De Michele avrebbe funto da intermediaria tra Maurizio De Michele e gli altri “sodali e/o soggetti terzi nella fissazione di incontri e appuntamenti e comunque per ogni altra comunicazione, di carattere illecito, diretta al predetto (Maurizio De Michele)”.

Cosima Bernardi si sarebbe invece occupata della contabilità “dell’attività delittuosa svolta dal Cera Antonio” e di mantenere i rapporti con tutti i “sodali”.

I carabinieri della stazione di Oria, coordinati dal luogotenente Roberto Borrello, hanno monitorato gli spostamenti e le “imprese” degli indagati – ritenuti operativi anche in seguito – nel periodo maggio-settembre 2016.

Le zone di “caccia” sono state molteplici.

Nella provincia di Brindisi: Oria, ma anche Erchie, Francavilla Fontana, Ceglie Messapica, Ostuni, San Michele Salentino, Latiano, Cisternino, San Vito dei Normanni, San Pancrazio Salentino.

Nella provincia di Taranto: Manduria, Sava, Grottaglie, Martina Franca, Fragagnano, Maruggio, San Marzano di San Giuseppe, Avetrana.

Nella provincia di Lecce: Guagnano, Porto Cesareo, Veglie.

“Vedete, vedete se questa sera mi prendete questa Opel Corsa, dai…”; “Poi dovete fare una Fiat 500 e un’altra Grande Punto, adesso andate a prendere una Grande Punto Bianca”; “Pizza, questa settimana mi ha detto a me che vuole cinque 500, la Panda, la Bravo e la Musa”.

Questo emerge, tra le altre cose, dalla trascrizione delle intercettazioni (telefoniche e ambientali) tra i principali protagonisti del gruppo, segno che spesso l’azione era commissionata a monte. La sorte delle auto rubate – condotte subito nei nascondigli, indicati come “gubbia”, “bosco” o “foresta” – è presto spiegata. In alternativa:

1) cavallo di ritorno, con richiesta di soldi in cambio della restituzione al legittimo proprietario (sono state 27, nel corso delle indagini, le auto recuperate dai carabinieri);

2) vendita diretta a un ricettatore, che procedeva con la “pulizia” del veicolo;

3) quando un’auto restava per troppo tempo nella disponibilità del sodalizio senza che portasse profitto, a un certo punto, come extrema ratio, ne era ordinata la distruzione col fuoco.

I bersagli delle scorribande – principalmente notturne – erano soprattutto vetture di piccola e media cilindrata, preferibilmente di fabbricazione italiana: Fiat Punto e Grande Punto, Alfa Romeo Giulietta, Fiat 500, Fiat Doblò ma anche Citroen C3, Volkswagen Golf e veicoli da lavoro.

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I luoghi dei colpi messi a segno

Trentanove i furti scoperti in soli quattro mesi, come ad esempio: a Ceglie Messapica, un Ape Piaggio 700 per il quale fu chiesto al proprietario un “cavallo” di 550 euro; a Cisternino, una Citroen C3 (richiesta di 800 euro); televisore, motosega a scoppio e subwoofer (ceduto a un terzo) in una casa rurale a Ceglie Messapica; a San Michele Salentino, una Fiat 127 (ripulita, trasformata e rivenduta a 800 euro); una Fiat Punto prelevata all’interno del giardino di un’abitazione rurale in contrada Donna Lucrezia a Ceglie Messapica; una Fiat Panda, parcheggiata davanti all’abitazione del proprietario, a Porto Cesareo; un Fiat Doblò a San Pietro in Bevagna; un Ape Piaggio a Cisternino (tentativo fallito di rivendita a un ricettatore per via dell’intervento dei carabinieri); un’Alfa Romeo Giulietta a San Vito dei Normanni (venduta a un ricettatore di Manduria).

Ha scritto il giudice nell’ordinanza: “L’ampiezza e la continuità dei rapporti tra i vari componenti, documentati dalle attività tecniche, la terminologia utilizzata frequentemente, la ripetitività delle condotte, il comune modus operandi, la ripartizione dei ruoli, sono indici di una consapevole adesione ad un comune programma criminoso volto alla consumazione di una serie indeterminata di delitti cui ciascuno fornisce il suo contributo”.

Sono state documentate efficacemente, secondo il pubblico ministero, le singole collaborazioni anche occasionali (compresa quella del minorenne di cui sopra) ma gli autori sono stati esclusi dal novero degli associati in quanto, appunto, non avevano stretto un patto permanente con i componenti stabili del gruppo. Il Gip ha condiviso quest’impostazione.

Nel corso delle attività di quest’oggi, corredate da perquisizioni domiciliari, inoltre, sono state sequestrati:

– altre cinque centraline “scodificate” in modo tale da non rispondere al solo impulso delle chiavi dei proprietari di ciascun veicolo preso di mira, bensì agli impulsi inviati da chiavi possedute dai ladri;

– strumenti da scasso tipicamente utilizzati per forzare automobili.

È stato anche anche arrestato in flagranza di reato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (marijuana e cocaina) il figlio convivente di Antonio Lodeserto, il quale aveva nascosti in casa quantitativi di droga quali presuntive rimanenze di quantità più elevate destinate al traffico illecito (dai messaggi sul suo telefonino sono emersi rapporti con soggetti tossicodipendenti) oltre che denaro contante in misura incompatibile con il suo stato di inoccupato e di cui non è stato in grado di giustificare la provenienza.

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