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L’eterna crisi della Serie D. Pochi investimenti, continui fallimenti e infiltrazioni mafiose all’ordine del giorno

Il sommerso del calcio italiano, la serie che apre le porte al professionismo vero, serio, ai sogni e a volte alle certezze. La serie che porta con sé problemi finanziari, fallimenti, infiltrazioni mafiose. Stiamo parlando della Serie D, il gradino decisivo per passare dalla trafila Promozione-Eccellenza verso le leghe dei grandi, delle squadre e dei calciatori veri.

Ogni anno, però, è una lotta contro il tempo, contro i bilanci e contro i fallimenti. A rompere il silenzio e a gettare una nuova ombra sullo stato di salute della categoria era stata a giugno la società del Gela: “Non possiamo iscrivere la squadra al campionatoavevano scritto in una notaLo status quo intorno alle strutture ha generato una enorme sfiducia in tutta la dirigenza ma anche e soprattutto il disinteresse mostrato verso la grave crisi economica nella società da parte delle istituzioni e della città”.

È lo stesso stato finanziario della nazione a finire tra le cause dell’assenza di aziende disposte a sostenere squadre di calcio. Non ci sono più i presidenti tifosi, non c’è più convenienza, non arrivano più contributi. Così la Serie D diventa terreno fertile per favorire l’irregolarità, i sotterfugi, le scorciatoie criminali. Speculatori e associazioni criminali si sono ormai infiltrate nelle categorie minori in maniera sempre più forte. Stando a quanto si legge all’interno di un’inchiesta pubblicata dall’AGI, i club di Serie C e Serie D “anno bruciato complessivamente 300 milioni, con perdite medie di 60 milioni, e accumulato 150 milioni di debiti”. Lo stato attuale della categoria è ben delineato dai dati relativi agli stipendi e ai valori di mercato delle rose.

Il girone H, quello in cui è protagonista il Brindisi, sommando tutti i giocatori di tutte le squadre arriva a 18.5 milioni di valutazione, oltre 12 milioni in meno rispetto a Cristiano Ronaldo, il giocatore con lo stipendio più alto della Serie A, che alla Juventus prende 30 milioni di euro a stagione. La squadra di mister Massimiliano Olivieri supera di poco i 500 mila euro di valore e sommando le quotazioni delle prime tre squadre del girone, ovvero Fasano, Gelbison e Bitonto, si arriva a malapena a 3 milioni meno di quanto Edin Dzeko e Lorenzo Insigne prendono rispettivamente da Roma e Napoli.

Numeri ovviamente diversi, lontanissimi, quasi opposti, ma che servono a testimoniare bene lo stato di salute di una lega in cui mancano investimenti, programmazioni e lungimiranza. Serve una riforma vera, a cominciare da quella sui criteri di assegnazione dei gironi: non si possono superare gli 800 km per trasferta, con spese eccessivamente onerose per i club. “Bisogna dimezzare il costo del lavoro. È cruciale per poter svolgere la nostra missione – ha detto Gabriele Gravina, Presidente della Figc – solo così potremo veramente riprenderci”.

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