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I precari di Poste italiane non ci stanno: «Noi, usati e lasciati a casa in piena emergenza. È un’ingiustizia»


Di seguito la protesta e il grido d’allarme dei precari (con contratto a tempo determinato di Poste italiane) che anche in questo periodo di fortissima crisi si vedono usati e lasciati a casa, alla scadenza del contratto, in favore di nuovi assunti temporanei destinati a subire lo stesso destino tra qualche mese:

Scrivo a nome di tutti i C.T.D. (contratto tempo determinato) di Poste Italiane s.p.a. in merito all’ennesima ingiustizia ricevuta a causa del Decreto Legge del 12 luglio 2018 che penalizza chi, come noi a scadenza del contratto, non può essere richiamato e chi come me non ha raggiunto la soglia minima di 9 mesi per entrare in graduatoria ed essere assunto con il contratto che in tanti come me sognano.

In merito a tale liberalizzazione dei contratti a tempo determinato sono stati assunti molti giovani per pochi mesi per poi ricacciarli come se nulla fosse, in modo tale da causare false speranze in noi giovani di ottenere, in futuro, il tanto atteso contratto a tempo indeterminato.

Poste Italiane in primis utilizza questo metodo illudendo tutti i dipendenti a tempo determinato.

Attraverso espedienti di legge, l’azienda si mette nelle condizioni di non assumere a tempo indeterminato.

Fino a pochi giorni fa lavoravo presso il Centro Meccanizzato Postale della provincia di Bari col ruolo di portalettere a tempo determinato.

Scrivo poco tempo fa poiché dopo 6 mesi l’azienda ha deciso di non rinnovarci il contratto facendo un taglio senza senso, controproducente e senza motivazione.

Senza senso perché, il 21 aprile scorso, Poste Italiane ha comunicato un ulteriore piano di assunzioni per 1820 C.T.D (contratti a tempo determinato).

Controproducente, perché noi ex portalettere avevamo acquisito una tale esperienza (acquisita con tanto sacrificio) da conoscere molteplici zone e quindi a sfavore dell’azienda perché così facendo deve formare ancora una volta il personale da assumere.

Senza motivazione, perché ci sono alcune zone che non sono totalmente coperte e il nostro contributo avrebbe sicuramente agevolato il lavoro di tutti i colleghi facendo solo il bene dell’azienda.

Il nostro lavoro è stato considerato dal governo un servizio essenziale durante l’emergenza COVID-19 e per questo non ci siamo mai fermati. A marzo, all’inizio dell’emergenza, i lavoratori a tempo indeterminato che hanno il cosiddetto posto fisso, sono rimasti a casa grazie all’utilizzo di congedi parentali, permessi per 104, per il P.I.R. (Permessi Individuali Retribuiti), ferie e malattie.

In ufficio ci siamo trovati a sopperire a una mancanza totale di personale.

Infatti nella nostra realtà siamo stati “obbligati” a lavorare durante la pandemia con la speranza che dai vertici arrivasse quel benedetto rinnovo. Siamo stati a contatto con migliaia di persone che, ignari dell’emergenza, si avvicinavano chiedendo informazioni su pacchi, lettere e raccomandate e molte di loro non indossavano neanche i D.P.I. mettendo a repentaglio la nostra salute, la loro e quella dei propri cari.

Eravamo incentivati da un senso morale di andare ogni giorno al lavoro per garantire questo servizio a tutta la nostra comunità, ma dopo tutto il lavoro stremante effettuato, il 30 aprile, l’azienda ha deciso di mandare a casa metà dei ragazzi in scadenza senza una spiegazione, senza un reale motivo. Ora noi ci chiediamo come mai i colleghi in scadenza il 30 marzo hanno ricevuto un rinnovo totale di 3 mesi poiché in piena emergenza e noi un mese dopo abbiamo ricevuto il ben servito?

Quali esigenze sono cambiate?

Ci ritroviamo ora davanti un periodo dove il lavoro è messo in crisi da un nemico invisibile ed è difficile trovarlo, noi volevamo solo continuare a lavorare, volevamo solo raggiungere il minimo di mesi per rientrare in questa graduatoria che vale il nostro futuro.

Le domande che vorremmo rivolgere a Poste Italiane sono queste:

perché assumere nuova gente che non ha esperienza nel lavoro in un momento di piena emergenza? Perché fare tutto questo quando ci sono migliaia di ragazzi come me che non hanno raggiunto la soglia massima?

Mentre la domanda che vorremmo rivolgere allo Stato Italiano è la seguente: è possibile rivedere le norme del Decreto Dignità permettendo di richiamare chi non è stato prorogato?

Inoltre chiediamo di non agevolare le aziende sui contratti a tempo determinato, ma bensì di agevolarle sui contratti a tempo indeterminato.

Le aziende utilizzano questo metodo di assunzione a dir poco irrispettoso che è divenuto oramai prassi e che distrugge i sogni e le speranze di tanti lavoratori precari.

Ovviamente chiediamo anche l’aiuto di tutti i sindacati affinché possano contribuire a vincere questa battaglia.

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