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Oria, il dott. D’Addario nei ricordi di Gino Capone: “È stato davvero un grande, vi spiego perché”


Di seguito, il ricordo del dottor Domenico D’Addario, scomparso ieri, da parte dello sceneggiatore oritano Gino Capone:
Ci lascia un GRANDE, il dottor D’ADDARIO
Domenico D’Addario

Grande umanamente, ma grandissimo per quello che ha fatto per Oria, anche perché, da forestiero, ha fatto più di quanto abbia fatto chiunque di noi oritani.

Ho sempre pensato che avrebbe meritato un D’Addario Day per essere celebrato adeguatamente, da vivo. L’ho anche proposto più volte a Pro Loco e Comune, non in maniera ufficiale ma parlandone spesso con  alcuni esponenti, ma forse non sono stato convincente come avrei dovuto, e me ne rammarico. Adesso mi metto a disposizione per celebrarlo , anche se senza la sua presenza. Glielo dobbiamo.
Intuito, garbo, forma mentis, ironia, elasticità e apertura mentale, disponibilità, benevolenza, tolleranza, tenacia, ottimismo; sempre costruttivo, propositivo, mai accentratore, umile. Organizzava, realizzava e basta, senza mai esigere  meriti o elogi. Era uno ‘avanti’, uno ‘oltre’. E’ stato il primo a pensare Oria come una città turistica, quando il termine ‘turismo’ non era neanche in uso. Ha cominciato con lo Zoo, un’impresa enorme, quasi un’utopia, che lui ha fatto diventare realtà.
Gino Capone

Ha fondato la Pro Loco, ma non ha mai fatto il Presidente. Ha ceduto sempre il passo ad altri. Lo ricordo perfettamente. Volle che il primo tesserato fosse mio padre. In quegli anni cominciavo a muovere anch’io i  primi passi  come organizzatore di eventi e lui mi ha sempre incoraggiato e coinvolto. Con alcuni amici, tra cui il solito, immancabile Sergio Durante, mettemmo su una compagnia teatrale, la prima mista e la prima che faceva teatro contemporaneo, e lui ci mise a disposizione la prima sede della neonata Pro Loco per fare le prove . Scendendo per Corso Roma si trovava tra il palazzo di Pasanisi, che fu il primo Presidente (presumo che il locale fosse anche di sua proprietà) e la falegnameria del mitico falegname, ‘Ntuninu Grassi, musicista e direttore della banda musicale di allora.  Mi volle con sé quando organizzò le famose Gimkane nel vecchio campo sportivo , dove diedero spettacolo due spericolati quanto abili automobilisti, Lino Bruno, poi paradossalmente e tragicamente deceduto proprio in un incidente stradale e  il così detto don Vettorino Pepe, figlio del comandante dei Vigili Urbani dell’epoca, don Ciccio Pepe , altro mitico personaggio.

E fu ancora lui che riuscì a inserire Oria nella popolarissima trasmissione televisiva “Campanile Sera”, condotta dal ’59 al ’62 da Mike Buongiorno, da Renato Tagliani , poi sostituito da Enza Sampò e, infine, da Enzo Tortora.  Era un gioco/gara tra due città italiane, una del Nord e una del Sud che in diretta si contendevano la vittoria a suon di quiz.  Credo che l’anno in cui avrebbe dovuto partecipare Oria fosse il ’60 o il ’61, l’anno in cui lo conduceva Tagliani.
Ho detto avrebbe dovuto perché, nonostante l’impegno del dottor D’Addario, alla fine fummo costretti a rinunciare per eccesso di provincialismo, un nostro male endemico. La trasmissione era in diretta e prevedeva che ci fosse un portavoce del loco che portasse le risposte al presentatore facendo la spola tra lui e il tavolo degli esperi, sempre locali, impegnati a trovarle. Il ruolo aveva molto visibilità ed era ambitissimo, tanto che non riuscirono a trovare l’accordo su chi dovesse farlo. Nessuno fu disposto a fare un passo indietro e  Oria perse una grande occasione per proporsi a livello nazionale . Fortunatamente, il dottor D’Addario da uomo superiore qual’era, si buttò alle spalle la sconfitta e proseguì a occuparsi di Oria con l’entusiasmo e la creatività di sempre.
Fece grande notizia e diede molta visibilità al nostro Paese la sua iniziativa di far visitare lo zoo al protagonista di una serie televisiva popolarissima, “Il Tenente Sheridan, interpretato da Ubaldo Lay, diventato famosissimo a sua volta. Anche agli albori del Torneo ha avuto un suo ruolo. Fu una sua proposta a stimolarmi all’ideazione di una rievocazione storia. Me lo ricordava proprio l’altro giorno il mio amico Damiano Mazza, che era con me in piazza quando, nel lontano ’63 , anno in cui mi occupavo a tempo pieno della già citata compagnia teatrale, ci incontrammo con D’Addario in piazza e gli proposi di darmi una mano a mettere in scena una commedia che avevo letto su “Sipario”, rivista mensile teatrale  nota e qualificata.
S’intitolava ‘Natale in Piazza’  e , proprio stimolato dal titolo , mi era venuto lo schiribizzo di metterla in scena non in teatro ma all’aperto, in piazza Manfredi, un inedito assoluto. L’unico che poteva aiutarmi nell’impresa, allora quasi rivoluzionaria, era lui. L’idea gli piacque ma mi fece una controproposta: scrivere e mettere in scena qualcosa che ci riguardasse più da vicino; e tirò fuori dalla cartella un opuscolo, che ancora conservo gelosamente.
Conteneva una poesia del compianto professor Emanuele Mazza. Narrava in versi una delle due versioni della leggenda di Oria Fumosa , quella della ragazza che si butta da una delle torri del Castello, detta poi “Torre del balzo” , per non sottostare alle basse voglie del signorotto dell’epoca.  Io presi l’opuscolo, ma al momento non diedi seguito alla cosa.
L’anno successivo però, mentre cominciavo a buttare giù le prime idee per una rievocazione storica, che coinvolgesse i quattro rioni in una pagina di storia antica, mi venne in mente la poesia e la inserii nel progetto, intitolato appunto Giostra Medievale in Oria Fumosa. A lui piacque moltissimo e portò il progetto alla Pro Loco, presieduta dal dott. Donato Palazzo.
Lui era il Vice Presidente e aveva l’autorità e la credibilità giusta per poterlo realizzare. Due anni dopo, attraverso una sofferta e discussa rielaborazione, diventò il Torneo de’ Rioni.
Ecco chi era e chi è stato il dottor D’Addario. Senza contare i meriti strettamente professionali come veterinario.
E’ stato lui a dare l’anima per realizzare in Oria il macello più all’avanguardia d’Europa, mai aperto e ancora vergognosamente chiuso. E’ stato per anni il Presidente dell’Ordine Nazionale dei Veterinari, organizzando congressi, convegni, innovazioni e quant’altro. Ed è stato lui a ideare e a brevettare un praticissimo guinzaglio per cani capace di auto-raccoglierne i rifiuti organici, sollevando il proprietario dalla sgradevole se pur  necessaria incombenza.
Un altro bellissimo ricordo di lui , questa volta non tanto come personaggio ma come persona, risale ad  una delle visite che gli ho fatto ultimamente, quando volle raccontarmi la sua storia d’amore con la moglie scomparsa. Un racconto struggente, portato a termine con le lacrime agli occhi, durante il quale emerse un Mimmo D’Addario, inimmaginabile, perdutamente innamorato di una moglie che non compariva mai.
Trasudava umanità ma al contempo confermava l’innata, quasi congenita vocazione a fare, a proporre, perché mi affidava quel racconto non solo come amico ma anche con l’intento di stimolarmi a trarne un film. Grande D’Addario.
Ma voglio concludere con un ricordo che ci da la misura del suo grande umorismo e che lui, sicuramente, approverebbe come conclusione. L’episodio riguarda quell’imbarazzante monumento dedicato a Federico II che giganteggia, si fa per dire, davanti al Palazzo di Città. Apprezzabile l’idea di realizzarlo ma infelice la scelta del prodotto finito. Io ho sempre pensato che se l’Imperatore l’avesse visto avrebbe indetto una Crociata contro Oria. Il mitico dottor D’Addario fece di più. Finse di aver ricevuto per sbaglio un fax destinato al Comune e lo consegnò a chi di dovere. Era un fax inviato direttamente da Federico II agli amministratori dell’epoca in cui li scongiurava di  demolire quell’obbrobrio che lo rappresentava. Ho detto tutto.
Addio dottor D’Addario, ma arrivederci al giorno in cui spero che Oria voglia celebrarti e tramandarti ai posteri come meriti, anche se solo come esempio.
Gino Capone

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