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Un’altra testimonianza di buona sanità: “La mia bimba rischiava di morire, salva grazie a un grande ginecologo”

Di seguito la testimonianza di una lettrice:
“Buonasera. Mi chiamo Monica, volevo scrivere questo post già  da tempo. Il 7 novembre 2019, ero al settimo mese di gravidanza, ero una tirocinante OSS al Camberlingo, era da qualche giorno che non sentivo più  muovere mia figlia nella pancia, come faceva di solito.
Mi sono insospettita e con richiesta del medico curante, alla fine del mio “turno in Ortopedia”, ore 14:00, scendo in Ginecologia, al terzo piano dove c’è  la dottoressa Brunetti che stava finendo il turno e che vedendomi così  preoccupata mi disse: ‘Non importa se devo andare via, quando una mamma dice che sente che qualcosa non va, è il sesto senso che parla”. E così è stato. La mia bimba era in tachicardia, liquido nei polmoni e nello stomaco, insomma, stava morendo.
Non sapevo da quanto tempo stesse in queste condizioni, l’unica cosa che mi dicevano tutti era: non sappiamo se sopravviverà sino a stasera. La dottoressa Brunetti ha prontamente chiamato il dottore Salvatore Benizio, il quale, nonostante un intervento programmato, si è messo subito in contatto con il Giovanni XXIII di Bari, lasciando il telefono acceso, lasciandomi il suo numero di telefono, così da poter chiamare in qualsiasi momento. Grazie a lui, sono stata visitata dal dottor Vairo, primario della Cardiologia del Giovanni XXIII. Sono stata seguita dal Policlinico, ricoverata e successivamente operata d’urgenza. Mia figlia è nata a 28 settimane, è  stata ricoverata due mesi al Policlinico, nella Tin. Per un anno intero, ha assunto dei farmaci per la tachicardia, ma ora grazie e solo grazie al dottore Benizio, sta bene. Le ha salvato la vita. 
Ah, lui non era il  mio Medico, ma mi chiamava ogni giorno, mentre ero ricoverata, come se fossi sua figlia. Se oggi posso abbracciare mia figlia, è  solo grazie a lui. Il mio medico era un altro, il quale, guardandomi con aria di sufficienza, mi disse: sono le 14:00, decidi tu dove vuoi essere ricoverata, Taranto o Lecce, lasciò l’incarico alla caposala per poi andarsene via, mentre a me cadeva il mondo addosso.  
Volevo solo dire che fortunatamente ci sono ancora medici che fanno il proprio lavoro con umanità e amore”. 
Lettera firmata
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