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Oria, dopo l’accoltellamento di moglie e figlie, la parola ad atti e difesa: “Rosario Vecchio non è carnefice, ma vittima a propria volta”

accoltellamentodi GIUSEPPE FLORIO

E’ la vigilia delle «ferie di Augusto», sono da poco scoccate le due e mezzo di notte e la scena che si presenta ai soccorritori, nella fosca stretta di via Strabone a Oria, è da Grand Guignol: sangue innanzitutto, sangue a iosa, sangue che imbratta l’asfalto e rende più lugubre il fondale. Poi, quasi per un macabro allestimento, le sagome di tre donne atterrite e sfregiate da una lama e, di lato, quella di un uomo stravolto, in posa con un coltello in mano.

La fotografia appare chiara tanto ai vicini di casa accorsi perché allarmati dalle urla, quanto agli intervenuti carabinieri della Compagnia di Francavilla Fontana, già prima che al magistrato che disporrà la misura di arresto: «triplice tentato omicidio aggravato» della moglie 38enne Palmina Semeraro e delle due figlie Stefania (19enne) e Miriana (16 anni) e la prima pagina delle testate giornalistiche locali assicurata.

Il presunto “mostro” è il 43enne Rosario Vecchio, un contadino minuto e tozzo dalla personalità remissiva, già priore dell’Arciconfraternita – inquietante suggestione – della Morte. Per lui le cronache sono comprensibilmente spicce: «Non accettava la separazione dalla moglie», e questa sembra la spiegazione più ragionevole per un gesto fuor di ragione che soltanto in grazia di un fortuito accidenti non si è trasformato in uxoricidio o in omicidio plurimo.

Ma perché una persona descritta da amici e conoscenti come “‘nu fatiatori”, un “faticatore”, dedito cioè al lavoro inteso come fatica, seppellito per anni nei campi, tra le aride zolle del brindisino, sotto al sole aspro fin dal suo sorgere, perché mai avrebbe voluto o potuto ammazzare la moglie e le due figlie?

Quale meccanismo della psiche è restato inceppato in quella notte feroce? La verità giudiziaria sarà, più o meno presto, affrescata da una sentenza; la verità storica resterà scolpita dai fatti; quella della parte in causa, in questo caso di Rosario Vecchio, prova a restituirla il suo avvocato, Rolando Manuel Marchionna, ma non per impressioni: «Attraverso i documenti», nella fattispecie querele e giudizi penali che raccontano – nessuna giustificazione è possibile – quattro anni di una relazione coniugale dolorosa, tormentata, angosciante.

Nel 2010, dopo aver consumato per tre lustri un matrimonio difficile e aver dato alla luce 4 figli (oltre alle ragazze coinvolte nell’aggressione: G., 8 anni, e A., 7 anni), Rosario e Palmina prendono la decisione di separarsi. La scelta non li solleva dalle incomprensioni: anzi, secondo le querele via via sporte dall’uomo, comincia un lungo periodo di persecuzioni, indirizzategli ora dalla moglie, ora da suoi stretti parenti.

Verso la fine di quell’anno, Palmina abbandona volontariamente il tetto coniugale per due giorni: poi vi fa ritorno ma, con tutta probabilità, non per recuperare il rapporto con il coniuge. Lo si capisce neppure un mese dopo, il 17 novembre, quando Rosario subisce violenza verbale e fisica dalla moglie, dalla suocera, dal cognato e dalla cognata. Tutti i coinvolti, debitamente querelati, vengono condannati, Palmina addirittura senza il beneficio della sospensione condizionale.

La tensione resta, come ben si può immaginare, alta. Rosario riferisce lunghe sequenze di episodi molesti: oltre a ricevere ricorrenti minacce di evirazione ed insulti degradanti indirizzatigli anche dai figli più piccini, gli vengono spesso lasciati avanzi di cibo stucchevolmente sovraconditi di sale; gli nascondono destramente il telecomando o staccano la corrente se guarda la tv; gli chiudono l’acqua se è intento a fare la doccia; gli asportano le chiavi dell’auto o all’occorrenza gli indumenti intimi.

Alla vigilia di Natale del 2011, dopo una giornata nei campi, decide di presenziare alla Santa Messa. Si lava, si acconcia per l’occasione ma si accorge che le scarpe che aveva disposto ai piedi del letto sono sparite. Sollecita la moglie a restituirle, «nessun dispetto, è Natale», ma niente: Rosario Vecchio, esasperato, allerta i carabinieri. Soltanto loro, dopo aver ricevuto ripetuti dinieghi e dietro uno stratagemma efficace, riescono a riavere le calzature fantasma.

Il 2012 non è meno inquieto: diversi sono gli episodi di cui Vecchio sarebbe stato vittima (in una occasione ha avuto necessità di cure mediche ospedaliere) e per i quali ancora oggi Palmina Semeraro è imputata in procedimenti giudiziari, ma uno merita di essere raccontato: in un pomeriggio di giugno la donna gli punta repentinamente e davanti ai due bambini un paio di forbici alla gola, lo minaccia di morte, poi conclude la scenata tagliandogli camicia e jeans.

Il clima resta pesante, come per un beffardo crescendo rossiniano, anche il 2013 è costellato di querele. Per ognuno degli episodi – non soltanto quelli qui appena accennati – esiste «ampia e comprovata documentazione», a quanto assicura il legale di Vecchio.

Ma la notte in cui Rosario provò a trasformarsi in mostro, a deviare per sempre il corso del suo destino? «I due figli più piccoli avrebbero dovuto trascorrere con il padre il periodo di vacanze estive che andava dall’1 al 15 agosto, e questo su disposizione del Giudice della separazione presso il Tribunale civile di Brindisi», spiega l’avvocato Marchionna. «Ma la signora Semeraro ha negato all’uomo questo diritto. Così la sera del 14, verso le 20, Vecchio si è presentato dalla moglie a chiedere spiegazioni, ma ha trovato tutti e quattro i ragazzi da soli in casa e dalla figlia più piccina avrebbe appreso alcuni particolari sull’ex moglie che proprio non ha saputo digerire. 

Ha così deciso di aspettarla. Rosario, fuori di sè, decide di affrontare Palmina e si attrezza con un coltello a punta tonda prelevato dalla cucina. La terribile lite scoppia al ritorno di lei, alle 2.30 del mattino, le figlie più grandi, spaventate dalla violenza, si intromettono per separare i due e vengono colpite dall’arma impugnata dal padre.

«Cinque coltellate ma una prognosi di 20 giorni», chiarisce Marchionna, «non fendenti ma tagli. Ha avuto la peggio Stefania per l’accidentale interessamento di un’arteria brachiale». Sabato scorso il GIP, pur convalidando l’arresto e disponendo la misura della detenzione in carcere per Rosario Vecchio, ha riqualificato i fatti da «triplice tentato omicidio» in «lesioni colpose» per le ragazze e «tentato omicidio» per Palmina. «Ho fiducia nella giustizia», conclude l’avvocato Marchionna, «il mio cliente ha sbagliato ma è la vittima di un dramma umano che si trascina a suo danno da molto tempo. Ora è, se possibile, un uomo ancora più annichilito di prima». Dio, per chi c’è, perdoni chi ha sferrato le coltellate e tutti coloro che hanno sbagliato con lui”.

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