Si riceve e pubblica:
Il pestaggio di qualche sera fa in pieno centro a Francavilla suscita alcune considerazioni, che possono valere sia per i componenti del branco sia per gli altri giovani rimasti indifferenti di fronte alla violenza.
Per prima cosa, auguri di pronta guarigione al malcapitato, che ha preso un sacco di botte per aver rivendicato un po’ di educazione. Ormai è quasi impossibile pronunciare la parola educazione, tanto sembra paternalista, impositiva, noiosa.
Ma l’episodio della scorsa sera non è l’espressione soltanto della cattiva educazione dilagante o del disagio psicologico di ciascun componente del branco. Quell’episodio avvenuto in centro è evidentemente l’espressione di un disagio culturale.
Allora è sulla stessa cultura collettiva che le istituzioni di questa città devono agire.
Questa città deve trovare il modo di impiegare il massimo della sua forza biologica, quella che i giovani esprimono dai quindici ai trent’anni, progettando per loro una meta realistica, una prospettiva credibile (più del parco dell’amore), una speranza in grado di attivare quella forza che essi sentono dentro di loro.
Per tutta l’adolescenza, quando massimo è lo slancio fisico, emotivo e intellettuale, i nostri ragazzi vivono parcheggiati nelle scuole e nel precariato e di sera nella piazza, comunque in un posto in cui la società non desta alcun richiamo, dove il tempo è vuoto, l’identità non trova alcun riscontro, l’autostima deperisce. Se la dimensione sociale dei ragazzi non trova un luogo dove esprimersi (certamente non al lavoro, che manca), non resta altro che la banda con le sue pratiche di bullismo.
Un contenitore da consegnare immediatamente al volontariato culturale e dello sport aiuterebbe i ragazzi ad esaltare le proprie specificità, a evitare di compensare la carenza d’identità con la sicurezza concessa dall’appartenenza al branco, fuori del quale resta solo la solitudine dell’anonimato sociale.
IDEA PER FRANCAVILLA