di Eliseo Zanzarelli
Il padre aggredisce il giorno prima un’assistente sociale, la figlia è sospesa il giorno dopo dal servizio presso lo stesso Comune.
Il motivo? «Incompatibilità ambientale», né più né meno. Nessun altro dettaglio, tanto che l’Ambito sociale Brindisi 3, per il tramite del dirigente, dottor Gianluca Budano, ha chiesto spiegazioni sul caso proprio all’autrice del provvedimento di sospensione del rapporto di lavoro: la dottoressa Antonella Gobbi, responsabile del settore Servizi sociali del Comune di Oria.
Spiegazioni che, al momento, non sono ancora arrivate, mentre resta attuale il provvedimento di esonero a carico della signora O.D.V. di 29 anni cui, dal 4 febbraio scorso, è stato inibito l’accesso al municipio di Oria.
Qui, la signora O. da meno di un mese dava una mano proprio a quei Servizi sociali che a lei hanno assegnato una delle 90 borse lavoro destinate dall’Ambito ai meno abbienti, dopo essersi classificata al numero 12 di una graduatoria nella quale nessuno – se non perché in serie difficoltà – può augurarsi di rientrare.
Un progetto nobile, quello delle borse lavoro, cui nobilmente anche il Comune di Oria ha aderito: 400 euro al mese per un semestre a chi ne ha bisogno, peraltro senza lederne la dignità: mettendone anzi a frutto le competenze, guadagnando qualcosa per portare – come di dice – il pane a casa.
Queste borse spettano, purtroppo spesso, a gente con problemi economici e familiari di una certa importanza.
Il caso della signora O. non fa eccezione: due figli a carico, l’impossibilità di sostenerli, l’intervento dei Servizi sociali che, se da una parte hanno affidato a lei la borsa lavoro, dall’altra, dietro indicazione del magistrato, le hanno sottratto – nel loro stesso interesse – i suoi due figlioletti, da poco spostati da un istituto di Oria a un altro di Ostuni.
Un fatto, quest’ultimo dello spostamento, che avrebbe scatenato, nel pomeriggio dello scorso 3 febbraio, la furia del 67enne A.D.V., il quale se l’è presa con l’assistente sociale del Comune di Oria Stella Asciano, da lui aggredita barbaramente – nessuna giustificazione per il suo atteggiamento, nessuna – mentre la dipendente pubblica svolgeva né più né meno il suo lavoro.
Da questo increscioso episodio sarebbe partita la “controffensiva” nei confronti della borsista dell’Ambito sociale, sospesa appena 24 ore dopo con un provvedimento dalla motivazione debole anche ad avviso del dirigente dell’Ambito stesso, dottor Budano, che venerdì scorso ha invocato delucidazioni proprio dal Comune di Oria.
La posizione del dirigente, contattato telefonicamente, è abbastanza semplice: «Allo stato a noi risulta una dichiarata, presunta incompatibilità ambientale della borsista nel settore del Comune in cui, fino alla settimana scorsa, operava: il sottoscritto ha richiesto delucidazioni e ulteriori dettagli al Comune di Oria, che ha aderito al programma delle borse lavoro, per comprendere se effettivamente la titolare della borsa lavoro abbia posto in essere condotte che giustifichino la sospensione del rapporto con lo stesso Comune o se, invece, essa possa essere trasferita alle dipendenze di altro settore dell’ente o, al limite, di una società/associazione entro i confini dello stesso territorio di residenza».
Per recedere da una borsa lavoro, che è un contratto a tutti gli effetti, sono infatti necessari una giusta causa o un giustificato motivo: può essere qualcosa di paragonabile a essi – per quello che si sa oggi – un genitore che si comporta in modo sbagliato?
«Ci auguriamo che la sospensione possa essere revocata nel più breve tempo possibile – dichiara il dottor Budano – e già domani stesso (giovedì 12 febbraio) sentirò la responsabile del Comune di Oria e, spero, il commissario prefettizio per definire i termini della questione».
Una questione che, per come si presenta oggi, assume i connotati dell’ingiustizia sociale e pende – qualora ce ne fosse bisogno – sull’economia familiare di persone la cui situazione – come recitano anche le graduatorie – non è delle più rosee.
Condanna totale per il gesto del padre, sul cui comportamento si pronuncerà la giustizia, ma davvero i figli possono essere nel 2015, persino dalle istituzioni, chiamati a rispondere delle colpe dei padri?