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Esplosione “Pinco Pallino” a Francavilla: «Rizzo era depresso per via dei problemi economici»

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Dopo l’udienza del 25 marzo scorso, nel corso della quale l’avvocato Michele Fino aveva chiesto e ottenuto per il suo assistito l’abbreviato condizionato all’escussione di alcuni testimoni, si è celebrata oggi dinanzi al gup del Tribunale di Brindisi Tea Verderosa la seconda udienza del processo a carico del 28enne Saverio Candita, chiamato a rispondere di incendio doloso aggravato (dall’aver commesso il fatto su edifici abitati o destinati a uso di abitazione e dall’aver commesso il fatto per eseguirne un altro), a seguito dell’esplosione che la notte dello scorso 30 settembre 2014 sventrò il negozio “Pinco Pallino” in via San Francesco, angolo via Boito, e procurò la morte al 28enne Antonio Rizzo – marito della titolare dell’esercizio – correo di Candita. A sostenere la pubblica accusa, il pm Antonio Costantini.

Oggi sono stati ascoltati, si diceva, i testi indicati dalla difesa e cioè: la moglie di Rizzo, Maria Fontana Giuliano, Giancarlo Rochira, Cosimo D’Elia e il maresciallo del Nucleo operativo e radiomobile Salvatore D’Oria.

La coniuge del correo defunto – il quale avrebbe materialmente innescato la deflagrazione – ha riferito al legale Fino che già qualche tempo prima Rizzo soffriva di problemi psichici, essendo incorso, a suo dire, in alcune crisi epilettiche e mostrando, peraltro, sintomi depressivi. Inoltre, ha precisato come fosse in realtà suo marito a occuparsi di fatto della gestione dell’esercizio commerciale.

Rochira, dipendente di “Pinco Pallino” con mansioni amministrative, ha confermato come prima del fattaccio Rizzo fosse preoccupato dai suoi problemi economici e come dunque avesse bisogno di soldi anche a causa di un affare, poi non andato in porto, con degli stocchisti di Napoli che avevano tirato troppo sul prezzo di una fornitura.

D’Elia, in casa del quale si trovava Candita quella sera fino a quando non arrivò Rizzo a prelevarlo, ha detto di non essere stato a conoscenza dei piani dei due quando lasciarono la sua abitazione.

Il maresciallo D’Oria ha specificato come Candita abbia collaborato sin dal momento in cui l’hanno ritrovato, interamente bendato, a Torre Santa Susanna, e come sul suo corpo non ci fossero tracce di lattice anche perché – ha precisato – era per l’appunto ormai interamente coperto dalla fasciatura di fortuna applicatagli da un’infermiera sua parente.

La tesi della difesa è che l’imputato quella notte si trovava in compagnia di Rizzo, con il quale ovviamente si conosceva, in quanto interessato all’acquisto di uno stock di merce stipata proprio tra il negozio e il magazzino di “Pinco Pallino”.

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Saverio Candita

Quest’oggi, dopo quelle della scorsa udienza, si è costituita un’altra parte civile: la proprietaria di un locale-deposito che sorge nello stabile danneggiato dall’esplosione, rappresentata in giudizio dall’avvocato Domenico Attanasi.

Sono in totale più di 20 le parti civili ammesse a processo – assistite dagli avvocati Antonio Andrisano, Gabriele Di Noi, Maria Maddalena Iuspa, Massimo Romata, Giampiero Ignazzi, Maria di Castri, Giovanni Luca Aresta, Donato Manelli, Francesco Sabatelli e Carmela Passaro – per le quali sono stati richiesti risarcimenti patrimoniali relativi al danneggiamento degli immobili e non patrimoniali a titolo di nocumento biologico cagionato da quel fatto.

La discussione si terrà il prossimo 23 giugno.

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