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Ulivi di Oria, oggi la quiete dopo la tempesta: ma abbattere era proprio necessario?

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Qualcuno tra i presenti di ieri – perlopiù gente giunta da fuori al grido di #difendiamogliulivi – questa mattina è tornato sul luogo del delitto, dell’ulivicidio, ma più che rimanere deluso, ha tirato un sospiro di sollievo: fortunatamente, di forestali, carabinieri, funzionari dell’Arif e soprattutto operai con motoseghe al seguito nessuna traccia tra le contrade Frascata e Fratascone, quelle del cosiddetto focolaio infettivo del presunto batterio-killer “Xylella fastidiosa”. L’ambaradan si è infatti trasferito a Veglie, in provincia di Lecce, deciso a debellare “in casa” l’epidemia, che si è estesa come noto in primis nel Salento.

La quiete dopo la tempesta di ieri, ad Oria, in un clima surreale di sospensione e sconforto, sebbene alla fine gli alberi tagliati siano stati soltanto quattro, sei a dire di altri, sui sette effettivamente infetti stando ai risultati delle analisi.

Sembra che per il momento non si procederà ad altri abbattimenti, anche se il piano delle eradicazioni ne prevede a decine in agro di Oria, dove sono stati contrassegnati con la “X” di colore rosso 120 ulivi, molti dei quali secolari.

Un piano, quello predisposto dal commissario straordinario per l’emergenza Giuseppe Silletti, che da inflessibile che era, si è poi di fatto ammorbidito strada facendo o, meglio, dubbi avanzando: dal taglio indiscriminato di piante infette, sintomatiche e limitrofe, si è passati al taglio delle sole infette, mentre i dubbi circa l’esistenza di un nesso causale diretto ed esclusivo tra “Xylella” e “Co.Di.Ro” aumentano così come quelle circa la necessità di praticare la “soluzione finale” per risolvere il problema.

Da ieri però si può dire che i primi ulivi-martiri ci sono e che Silletti ha dato la prima, vera dimostrazione di forza. Tuttavia, è parsa più una scelta per la serie “punirne uno per educarne cento” piuttosto che un’azione inevitabile per evitare il propagarsi della fitopatia.

Erano, sono e probabilmente resteranno tante le incongruenze, ma intanto quei giganti decapitati dopo centinaia di anni oggi sembrano gridare vendetta al cospetto di Dio.

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