Né falso né abuso d’ufficio. Dopo due condanne in primo (quattro anni) e in secondo grado (tre anni e tre mesi), il comandante della polizia locale di Francavilla Fontana, Antonio Cito, esce immacolato dal processo scaturito dalla cosiddetta “Concorsopoli” ai tempi – correva l’anno 2003 – in cui era in servizio presso il Comune di Martina Franca: ieri è stato assolto con formula piena perché il fatto non sussiste nel corso del processo d’appello-bis disposto dalla Cassazione e celebratosi a Bari. Al centro della vicenda giudiziaria, protrattasi per 13 anni, un concorso pubblico per l’assunzione di nuovi agenti del corpo di polizia municipale del Comune di Andria. Cito era all’epoca componente della commissione esaminatrice che – secondo l’accusa – avrebbe “truccato” la competizione tra i concorrenti. Oltre a lui escono puliti anche gli altri quattro imputati: l’allora comandante della polizia locale andriese Francesco Paccione, il segretario della stessa commissione Domenico Ruotolo e i funzionari comunali Concetta Guicciardini e Agostino Ruotolo.
La prima sentenza risale al 2009, quando il Tribunale di Trani condannò Cito a quattro anni di reclusione e a cinque di interdizione dai pubblici uffici. Tra il primo grado e l’appello, Cito approfitta della mobilità e si trasferisce nella Città degli Imperiali ai tempi dell’amministrazione guidata dal sindaco Vincenzo della Corte. Non mancano le polemiche politiche intorno alla figura del neo-comandante, che non è accolto propriamente a braccia aperte da tutti proprio a causa di quel trascorso giudiziario. Nell’ottobre del 2011, poi, la Corte d’Appello di Bari conferma la condanna a suo carico, ma la riduce: tre anni e tre mesi con interdizione dai pubblici uffici. Cito è subito sospeso dal servizio ma non demorde e intanto ricorre alla Suprema Corte che, nella primavera 2014 annulla con rinvio ad altra sezione la sentenza della Corte d’Appello di Bari. Il comandante, nelle more del procedimento, riprende il suo posto e, assistito dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Nicola De Fuoco, continua a professarsi innocente. Ieri, infine, ha avuto ragione: il fatto non sussiste.
Il 60enne ufficiale allora non sta nella pelle e, comprensibilmente, non resiste al “Io ve l’avevo detto”: «Risparmio il riferire di sofferenze e tribolazioni personali e familiari; posso solo dire – ha scritto il comandante sul suo profilo facebook, subito tempestato di congratulazioni – che ho vissuto una esperienza imprevedibile, inenarrabile e paradossale. Ho finanche conosciuto la galera. Dopo più di un decennio la Suprema Corte di Cassazione (grazie di esistere ) ha detto che la mia accusa non era reato ed oggi la Corte di Appello in rinvio mi ha assolto con la formula più ampia. Va bene così. Giustizia c’è! Ringrazio la mia famiglia, tutti gli amici (quelli veri!) che mi hanno sopportato in questi lunghi anni e ringrazio e abbraccio forte Francesco Paolo Sisto e Nicola De Fuoco, miei fratelli avvocati».
La carriera, però, in questi 13 anni se l’è un po’ giocata. Cito ai tempi di Martina Franca aveva grandi ambizioni e, a suo stesso dire, buone possibilità di soddisfarle. Il tempo è galantuomo, le chance professionali, quanto ne trascorre così tanto prima di dimostrare la propria innocenza, forse un po’ meno.