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Torneo dei Rioni, il preside Mazza: «Nessun plagio, nacque tutto così…»

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Si riceve e pubblica, qui di seguito, uno scritto – intitolato “Alcune precisazioni” – del preside Cosimo Mazza in replica a un altro scritto, a firma di Gino Capone, pubblicato nei mesi scorsi dallo Strillone e con al centro le origini del Corteo-Torneo dei Rioni di Oria (le note esplicative al testo odierno si trovano a pie’ di pagina, in fondo all’articolo: è sufficiente cliccare sul numerino e si verrà portati alla nota e cliccarvi nuovamente per tornare al testo di sopra):

Premessa.

Sconcertante”, “sconfortante”, mancanza di “onestà intellettuale”, “macroscopiche omissioni”, “colpo basso”, “appropriazione indebita”, “sopruso” ed altre espressioni ironiche ed offensive sono sparse in uno scritto, in cui Gino Capone racconta la sua versione sulle origini del “Corteo storico di Federico II – Torneo dei Rioni” di Oria, in polemica – egli dice – con lo scrivente, responsabile dell’opuscolo “Turismo… via di speranza…”.

Le sue espressioni mi sorprendono, ma non mi toccano e, pertanto, le rinvio al mittente unitamente allo spirito polemico che le anima.

L’opuscolo “Turismo… via di speranza…” nasce dal desiderio di provocare una riflessione su una manifestazione che, nei suoi cinquant’anni di vita, tanto ha inciso sullo sviluppo socio-culturale della nostra Comunità, anche se, col passare del tempo, sembra essersi un po’ discostata dall’impostazione originaria e oggi rischia di contribuire a deludere la fiduciosa speranza alimentata, per diversi anni, in tanti giovani.

Io sono fermamente convinto che la ricorrenza del cinquantesimo anniversario del “Corteo storico di Federico II – Torneo dei Rioni” rappresenti ancora una buona occasione non solo per una verifica degli sviluppi della manifestazione, ma pure per una riflessione sull’intera politica del turismo in Oria, allo scopo di offrire ai responsabili eventuali suggerimenti correttivi e incentivare la partecipazione consapevole dei cittadini.

Credo che una semplice lettura sia sufficiente per rilevare lo spirito costruttivo e l’obiettivo di fondo dell’opuscolo incriminato, in un momento in cui alcuni riferimenti di grande valore culturale e di forte attrazione turistica sono venuti meno.

In “Turismo… via di speranza…” non vi è alcun proposito polemico, né l’intenzione di attribuire o negare ad alcuno la paternità del “Corteo storico di Federico II – Torneo dei Rioni”, o di altra manifestazione. In esso si afferma chiaramente che la partecipazione all’impegno organizzativo del Corteo-Torneo assunse una tale dimensione da far scomparire l’opera del singolo, dei pochi o dei tanti, facendo emergere un ampio sforzo collettivo, per cui la manifestazione nacque e si sviluppò come frutto di un lavoro collegiale, patrimonio della Città e del Territorio, che ogni cittadino avrebbe potuto sentire ed amare come proprio.

Io conoscevo la versione di Gino Capone sulle origini del Corteo-Torneo, per averla ascoltata da lui e dal padre in tempi ormai lontani. Ma l’ho ignorata di proposito, al fine di evitare di richiamare elementi di contrasto, in un momento in cui abbiamo necessità di riunire intorno alla manifestazione, e alle diverse iniziative turistiche della nostra Città, il massimo del consenso e della condivisione. La “nota” polemica di Capone, però, mi costringe a fare alcune precisazioni.

La “Giostra Medievale in Oria Fumosa”.

Capone scrive che “nei primi mesi del ’65 un giovane oritano poco più che ventenne,[1] già in procinto di trasferirsi a Roma… , su suggerimento, per non dire su forte pressione del padre, tesserato con la tessera n° 1 della Pro Loco per volontà del suo fondatore dott. Domenico D’Addario, presentò alla suddetta Associazione un suo progetto, complesso ma ben articolato e dettagliato” intitolato “Giostra Medievale in Oria Fumosa”, incentrato su Tommaso d’Oria.

Il Consiglio della Pro Loco[2]intuì subito – continua Capone – la grandiosità e le potenzialità del progetto presentato dal giovane autore e cominciò a valutarne la fattibilità insieme a lui, che… entrò nel vivo della preparazione presentando i bozzetti per i costumi dei figuranti…, un plastico per la piazza principale… e, perfino, il bozzetto del manifesto. Le ultime resistenze di buona parte dei consiglieri (della) Pro Loco caddero e prevalse l’entusiasmo del Presidente, del vice presidente, il dott. D’Addario, e di Alvaro Ancora uno dei più giovani consiglieri, amico intimo del padre dell’autore oltre che suo primo sponsor dichiarato”. Si cominciarono a muovere alcuni timidi passi per saggiare la realizzabilità dell’iniziativa assolutamente nuova nel nostro ambiente. Si partì con una mostra nei locali adiacenti alla Pro Loco “con i materiali elaborati dall’autore, e una presentazione… del progetto ecc… Si arriva… alla fine del 1966 – dice ancora Capone – …il Consiglio della Pro Loco, forse preoccupato della complessità (del progetto), propose di realizzare per l’anno successivo (il 67) solo il Corteo e di rimandare la Giostra all’anno seguente”. L’autore, ritenendo inopportuno “debuttare con un’opera a metà”, propose di “…rimandare il debutto completo (Corteo e Giostra) al ’68. Il consiglio accettò e solo per mantenere desto l’interesse e l’aspettativa del pubblico si decise all’unanimità di affidare al dott. D’Addario la realizzazione di una Gimkana Ippica con fantini dotati di pettorina riportante i colori dei quattro rioni”[3].

Capone assente, la Pro Loco – valutata attentamente la situazione anche nella prospettiva di futuri sviluppi – abbandonò l’idea della Gimkana e decise di “realizzare un corteo con i quattro rioni ufficiali ma con una figura centrale diversa dal progetto originale (non più Tommaso D’Orea ma Federico II) che titolò Corteo Storico di Federico II e Torneo dei Rioni”.

Capone apprese la decisione della Pro Loco da una lettera del padre. La cosa certamente non gli fece piacere e ancora oggi, a distanza di oltre cinquant’anni, egli afferma che fu un “vero colpo basso, oltre che un’appropriazione indebita di quanto ideato da altri”.

Ammettiamo che quanto dice Capone (escludendo le accuse finali) risponda a verità[4], si può pensare che un progetto incentrato su Tommaso d’Oria possa essere utilizzato per ricordare Federico II, cambiandone semplicemente il “titolo”? Io credo proprio di no: i due personaggi sono completamente diversi, sotto ogni aspetto, e distanti tra loro milioni di anni luce!

In generale non è pensabile che una proposta rievocativa di un evento possa essere valida per la rievocazione di un qualsiasi altro evento dello stesso periodo, indipendentemente dalla sua specificità.

Per essere più chiaro: non mi pare che il progetto “Giostra medievale in Oria fumosa”, definito – secondo lo stesso racconto di Capone – nei particolari (bozzetti per i costumi, plastico della piazza con relativa scenografia e, perfino, il bozzetto del manifesto), possa essere identificato con quello del “Corteo Storico di Federico II – Torneo dei Rioni”. Se così fosse, per quale motivo la Pro Loco avrebbe affidato, già prima del 1967 – ad esempio – al notaio Travaglini la responsabilità dei costumi e del Corteo? O al prof. Giuseppe De Quarto il compito di elaborare il manifesto? E perché, dopo l’esperienza del 1967, avrebbe nominato un Comitato Studio Torneo?

È da respingere, in maniera categorica, l’idea che il gruppo dirigente della Pro Loco abbia approfittato della buona fede del “giovane autore” per farlo fuori, o che fosse formato da persone senza scrupoli, capaci di appropriarsi “di quanto ideato da altri”.[5]

È da credere che i dirigenti della Pro Loco, pur considerando l’iniziativa proposta da Capone di buona attrazione culturale e turistica, non la giudicassero capace di scuotere veramente la nostra Città. Essi erano alla ricerca di qualcosa di più importante, che risvegliasse la popolazione oritana e fosse universalmente conosciuto. Giudicarono più rispondente ai loro propositi la figura di Federico II di Svevia, uno dei personaggi “più interessanti che la storia ricordi”, e decisero di dare vita ad una manifestazione rievocativa imperniata sull’imperatore svevo, sulla sua presenza in Oria e sul Castello che egli aveva voluto nella nostra Città per la sua posizione strategica.

Sicuramente avrebbero comunicato questa loro decisione al “giovane autore”, ma non ne ebbero il tempo per la fregola di qualcuno che, a conoscenza delle discussioni all’interno della Pro Loco, pensò di farsi bello col padre di Capone, informandolo anzitempo.

Nessuna “appropriazione indebita”, nessuncolpo bassoe nessuna intenzione di escludere Capone dall’iniziativa. Il gruppo dirigente della Pro Loco era formato da galantuomini di vecchio stampo, tanto è vero che l’anno successivo (1968) Capone fu inserito nel Comitato Studio Torneo, ossia in quel Gruppo di persone, incaricate di studiare e definire nei suoi vari aspetti il “Corteo Storico di Federico II – Torneo dei Rioni”. E ciò non “in seguito alle proteste del padre” o “nel tentativo di riparare… al sopruso fatto” – come scrive Capone –, ma perché si ritenne di impegnare nel gruppo un giovane che mostrava tanta voglia di fare.

Il progetto sulla Giostra, quindi, venne superato definitivamente col tacito consenso dello stesso autore, che aveva accettato di lavorare per il Corteo-Torneo, come coordinatore artistico.

Il “Corteo Storico di Federico II – Torneo dei Rioni

Nel 1967 ci fu la prima edizione del “Corteo storico di Federico II – Torneo dei Rioni”, una edizione sperimentale, che servì come base per la definizione della struttura della manifestazione.

Nel 1968 era operante il Comitato Studio Torneo[6] e Capone ne faceva parte. Egli stesso, parlando del Corteo-Torneo del 1968, dice che “il Consiglio de la Pro Loco gli affida la regia del Corteo Storico, impostato con la collaborazione del mai dimenticato (…) notaio Travaglini[7]. Capone e Travaglini operarono insieme e non da soli: essi lavorarono in armonia con gli altri componenti del Comitato, articolato in settori operativi, ove ai responsabili di settore si unirono, poi, tanti altri volontari.

Nel 1968, sulla base dell’esperienza fatta l’anno precedente e col contributo di molte persone, fu definita la struttura del “Corteo Storico di Federico II-Torneo dei Rioni”, sulle cui origini non si può non tenere presente quanto il giudice dott. Donato Palazzo, allora presidente e poi – dal 1970 – presidente onorario della Pro Loco, scrive in diverse circostanze e ribadisce con forza nel 2004 nell’articolo “Per un’idea”, ristampato nel Numero Unico di quest’anno.

Dagli scritti del dott. Palazzo si deduce in modo inequivocabile che un gruppo di amici (e non una persona sola!) si era impegnato “perché avesse principio una nuova stagione per la città” e si può comprendere con chiarezza perché la Pro Loco, a Tommaso d’Oria, preferì Federico II, uno dei personaggi “più interessanti che la storia ricordi”.

Anche il prof. Alvaro Ancora, in un articolo pubblicato sul Numero Unico del 1968, rileva che Federico II fu un personaggio “colto, abile, valoroso, estremamente versatile”, che impresse “il sigillo della sua varia e complessa personalità nei campi più disparati, dall’attività politica a quella legislativa, dalle arti liberali a quelle figurative, dalla filosofia alle matematiche, alla scienza in genere, alla caccia”.[8]

Approfitto per ricordare che il prof. Ancora, nel 1968, era consigliere della Pro Loco[9]e componente del Comitato Studio Torneo con la responsabilità del settore “Testi e ricerche storiche”, e che i suoi scritti occupano ben dodici delle ventotto pagine del Numero Unico del 1968 e sette delle ventidue di quello del 1969 (a parte il testo del bando già elaborato per l’edizione del 1967). E mi domando: tutto ciò non significa niente? Non credo![10]

Esiste pure un altro articolo del prof. Ancora scritto molti anni dopo, nel 1986, e pubblicato su Poleis, periodico d’informazione e cultura.[11] Parlando del modo di utilizzare i beni culturali, il prof. Ancora fa riferimento al Torneo dei Rioni di Oria, alle sue origini, e dice testualmente: “Proprio al Medioevo volle ispirarsi vent’anni fa il Gruppo 67 della Pro Loco di Oria, proponendo quell’anno la prima edizione del Corteo-Torneo”. E poco più avanti: “Il castello e Federico II di Svevia stimolarono la mente e nacque così l’idea della prestigiosa manifestazione oritana”.

Verso la fine della sua “nota” polemica Gino Capone, riferendosi ancora al Corteo-Torneo del 1968, dimenticata la collaborazione del notaio Travaglini, mette in evidenza il “successo” del Corteo e “i modesti risultati del Torneo in termini di spettacolo e d’ideazione” con riferimento ironico alle “riunioni di cui parla il professore Mazza”, e dice che “… il giudice Palazzo …, con una presa di posizione netta e forse anche personale, affida al giovane autore[12]la realizzazione dell’edizione del ’69 dandogli carta bianca”. E Capone nel 1969 fu il regista della manifestazione, per concorde volere del Consiglio della Pro Loco e non per imposizione del dott. Palazzo.

L’edizione…[13]– scrive ancora Capone – ebbe un tale successo che la Pro Loco si sentì in dovere di premiare il giovane autore con una medaglia d’oro e un vassoio d’argento”. Io ritengo che quel premio sia stato solo un riconoscimento dovuto, un segno tangibile di gratitudine nei confronti di chi aveva curato la manifestazione con apprezzabile impegno e buoni risultati, interpretando correttamente le decisioni del Comitato Studio e del Consiglio della Pro Loco.

I rapporti del Gruppo Capone con la Pro Loco (il “covo”).

In verità Capone, come regista, nel 1969 prestò maggiore attenzione all’elemento spettacolare e con ciò rese più gradevole la manifestazione, stimolando maggiormente la partecipazione popolare. Tuttavia non mancò qualche equivoco, che lentamente portò al “deterioramento dei rapporti con i vari consigli de la Pro Loco”, come scrive lo stesso Capone, che nobilitandone i motivi si limita a dire: “Il casus belli fu il fatto che il giovane e i suoi collaboratori più stretti, resisi conto che la Pro Loco da sola non poteva più garantire le risorse finanziarie” necessarie, “proposero la costituzione di un Ente organizzatore allargato al Comune, alla Provincia, alla Regione e alle imprese del territorio”.

In proposito Capone non dice tutta la verità: le motivazioni furono diverse!

Capone aveva messo “in piedi un team organizzato e affiatato di giovani collaboratori locali”, come egli stesso scrive nella sua nota. Nel periodo in cui si preparava la manifestazione, questo gruppo lavorava sino a tarda sera. Alla fine della giornata, per fare il punto della situazione, aveva la consuetudine di riunirsi e, non potendo più utilizzare la sede della Pro Loco per l’ora avanzata, era costretto a servirsi di locali privati[14]. Ciò lo portava, sia pure involontariamente, a staccarsi dalla Pro Loco e a fare autonomamente alcune scelte, che la Pro Loco non sempre poteva condividere, o per correttezza amministrativa, o per la salvaguardia dei principi che avevano ispirato la “rievocazione”.

I componenti del Gruppo operavano senza alcun contatto diretto con i dirigenti della Pro Loco e in loro si maturò il convincimento che fossero soli a lavorare, mentre gli altri – a loro giudizio– se ne stavano a chiacchierare nella sede dell’Associazione e all’ora di cena se ne tornavano tranquillamente a casa. I più attivi si convinsero di essere esclusivamente loro gli artefici del Corteo-Torneo e col passare del tempo finirono col perdere la consapevolezza della propria funzione.

La Pro Loco, completata la fase di studio, sostituì il Comitato Studio Torneo col Comitato Organizzatore del Torneo. Il gruppo messo in piedi da Capone, però, continuò a operare come prima e i contrasti con il Consiglio della Pro Loco si acuirono, tanto che i componenti di quel Gruppo, quando si riferivano alla Pro Loco, usavano il termine “Covo”, che nel migliore dei casi si adopera per indicare un “rifugio di persone di malaffare”.

L’intellighentia oritana”[15] era diventata gruppo di malaffare!

Il giudice Palazzo, dopo molti anni di silenziosa amarezza, in uno scritto pubblicato sul Numero Unico del 2004 fa riferimento al “Covo” e, rivendicando alla Pro Loco la giusta funzione di anima della manifestazione, dice: “… i germogli sono cresciuti, superando gli antichi, angusti confini del covo, dove le idee diventavano anima e le speranze si espandevano, prima con incertezze e contraddizioni, poi con sempre maggiore sufficienza”.[16]

La Pro Loco di fronte alla proposta di un Ente di gestione del Corteo-Torneo.

Verso la fine del suo scritto, Capone sostiene che la proposta di costituire “un Ente organizzatore allargato al Comune, alla Provincia, alla Regione e alle imprese del territorio” fu avversata dalle “Pro Loco di tutti i tempi … compresa quella presieduta dal professor Mazza”.

Questo non è vero. È solo un equivoco strumentalmente ingigantito da chi riteneva di essere l’artefice della manifestazione.

La Pro Loco non era contraria alla costituzione di un organismo di gestione del Torneo,[17] tanto è vero che per alcuni anni accettò finanche che il Sindaco prendesse l’iniziativa di promuovere la costituzione del Comitato Torneo dei Rioni.[18]Ma un organismo che gestisca una manifestazione come il Corteo-Torneo di Oria non può nascere semplicemente sull’onda dell’entusiasmo giovanile, soprattutto quando si vogliono coinvolgere Enti pubblici diversi e operatori privati.

Io credo che la contrapposizone tra “Gruppo Capone” e “Consiglio Pro Loco” sia stata la conseguenza di un difetto di comunicazione, aggravato dal divario generazionale e dal fatto che quel Gruppo operava fisicamente fuori dalla Pro Loco. Di fatto, mentre il Gruppo perdeva la consapevolezza della propria funzione, nella Pro Loco si diffondeva il sospetto che esso mirasse a gestire in modo autonomo il Corteo-Torneo. Cosa inaccettabile, perché l’iniziativa era stata voluta e concepita all’interno della Pro Loco.

Capone conclude la sua “nota” polemica con un’ultima stilettata allo scrivente, “che se ha dimenticato tutto, visto le macroscopiche omissioni della sua cronistoria” – egli dice – “non può non ricordare di quando, nella sua veste appunto di Presidente della Pro Loco, si recò a Roma per stilare un documento in cui il giovane autore, che nel frattempo aveva depositato alla S.I.A.E. il copione della rievocazione da lui elaborato, dichiarava che la rievocazione era un’opera estemporanea per cui esonerava la “Pro Loco” dall’obbligo di versare i relativi diritti d’autore. Questa parte sembra scritta in modo volutamente tortuoso per evidenziare quanto può tornare utile all’immagine dell’autore.

Io mi recai a Roma e incontrai Capone. Andammo insieme alla S.I.A.E., perché io prendessi visione del copione depositato; si parlò e si convenne che dopo pochi giorni ci saremmo rivisti in Oria per definire il testo del documento da sottoscrivere. In Oria ci furono alcuni incontri. Si discusse, ma senza trovare alcun accordo: una bozza di documento elaborata da me non fu accettata da Capone e dai suoi, che abbandonarono gli incontri e la manifestazione.

Alla data stabilita si tenne il Corteo-Torneo con una struttura rinnovata e con i testi rielaborati, per evitare che eventuali controlli della S.I.A.E. ci costringessero al pagamento dei diritti d’autore o che qualcuno potesse intimare l’alt alla Pro Loco.

Il deposito alla S.I.A.E. da parte di Capone.

Capone, quando fa riferimento al nostro incontro di Roma, tra l’altro dice che “il giovane autore…nel frattempo aveva depositato alla S.I.A.E. il copione della rievocazione da lui elaborato”. Lo fa sommessamente e con evidente tono vittimistico, quasi come se fosse stato indotto a farlo. Ma da chi? E perché lo aveva fatto? E cosa aveva depositato?

C’è da chiedersi: “Quali erano, e quali sono tuttora, le funzioni della S.I.A.E.?”. Nella risposta a questa domanda si trova la spiegazione del “perché lo aveva fatto”.

Capone aveva depositato alla S.I.A.E. il copione (forse sarebbe meglio dire “una serie di appunti”) preparato per l’edizione del ’69, quando da oltre un anno faceva parte del Comitato Studio Torneo, ossia di quel Gruppo di persone incaricate di studiare e organizzare il Corteo-Torneo per conto della Pro Loco, che dopo attenta riflessione durata “almeno due anni consecutivi”, presente o assente Capone, era giunta alla determinazione di rievocare un evento che ricordasse Federico II, una delle figure “più interessanti che la storia ricordi”; nel contempo aveva optato per il Torneo, per la maggiore ampiezza di significato del termine.

La Pro Loco interpretò il deposito alla S.I.A.E. come il tentativo di mettere un’ipoteca sulla manifestazione. Cosa assolutamente intollerabile! Il giudice Palazzo sul Numero Unico del 1968, ossia in epoca non sospetta scrive: “…dallo scorso anno si è dato vita al Torneo dei Rioni, in costume del 1200, che attinge iniziazione dalla presenza di Federico II in Oria e dalla costruzione del Castello …”, frutto della “collaborazione di un gruppo di uomini, che dopo avere per almeno due anni consecutivi sacrificato e consacrato ogni margine di tempo ad una realtà che essi hanno vissuto prima che… venisse alla luce…”.

Appare del tutto superflua l’aggiunta di Capone: “Il giovane autore …dichiarava che la rievocazione era un’opera estemporanea per cui esonerava la Pro Loco dall’obbligo di versare i relativi diritti d’autore”. L’anno della rottura con Capone ci fu un particolare controllo da parte della S.I.A.E., ma senza conseguenze, perché la manifestazione presentava struttura e testi diversi da quelli contenuti nel copione depositato.

Questi sono i fatti. Tutto il resto è vuota polemica, che non giova a nessuno e tanto meno alla manifestazione e alla Città.

Conclusione

La polemica divide e noi abbiamo bisogno di essere uniti, di ampliare la partecipazione alle responsabilità gestionali del Corteo-Torneo e di utilizzare tutte le nostre energie per rilanciare la politica del turismo culturale nella nostra realtà, che altri, animati da interessi diversi, potrebbero essere spinti a tentare di piegare ad esclusivo vantaggio personale.

Capone nella sua pagina internet, nel dare notizia dell’articolo pubblicato da “Lo Strillone”, giustifica la polemica con lo scrivente accusandolo di aver omesso “quasi del tutto” il suo “ruolo” nella “cronistoria” dei cinquant’anni del “Palio oritano” e dichiara che ha deciso di rivendicare quel ruolo “con forza dopo cinquantadue anni in cui per quieto vivere” non ha “mai voluto polemizzare con nessuno”.

Mi domando: “A quale ruolo allude Capone?”. A quello di collaboratore della Pro Loco? Ossia di un’Associazione di volontariato in cui, abbandonata ogni forma di partigianeria, ci si confronta liberamente alla ricerca del meglio e si collabora nell’esclusivo interesse della Città? Forse gli sfugge la natura della Pro Loco?

A Gino Capone nessuno nega, o ha mai negato, di avere dato un apporto determinante nella risoluzione di vari aspetti tecnici e organizzativi del Corteo-Torneo. La stessa Pro Loco gli ha mostrato pubblica riconoscenza. Ora tocca a lui non far cambiare colore alla “medaglia d’oro” e al “vassoio d’argento”, anche per il rispetto dovuto a quanti – oritani e forestieri – hanno lavorato, come, meno o più di lui, in assoluto anonimato, senza alcuna pretesa e lieti di offrire il loro contributo allo sviluppo della nostra Comunità.

Chi per circostanze diverse ha lavorato stando al di fuori della Pro Loco, o addirittura considerando questa come l’altra sponda, o peggio il covo, provi ad operare dall’interno, per favorire l’adozione di altre iniziative e il rilancio del Corteo-Torneo, perché questo abbia – come Capone in apertura della sua lettera auspica – “un rilancio vero” e per giungere alla costituzione di quell’organismo gestionale, nei cui confronti Capone oggi si mostra molto scettico.

Ora bisogna solo “fare”!

Lasciamo alle generazioni future il compito di “giudicare”.

Novembre 2016.

                                                                                                                Cosimo Mazza

[1]          Capone parla di se stesso.

[2]          Capone precisa che allora il Consiglio della Pro Loco “era presieduto dal giudice Palazzo e costituito dalla intellighentia oritana”.

[3]          A proposito dei Rioni, Capone scrive che furono inventati da lui. Io non ho nulla da ridire, ma approfitto per comunicare quanto ho appreso di recente: Oria era divisa in Contrade (Rioni) sin dal 1600. Si veda la pubblicazione “Le Confraternite in Oria” pp. 38-45, curata del prof. Antonio Benvenuto. Riporto anche quel che si dice: a) il prof. Ancora fornì le notizie storiche ai responsabili dell’Araldica, che dopo lunghe ricerche ne definirono la rappresentazione grafica; b) che i colori furono dati da Capone. Cosa certa è che passò del tempo prima che gli stemmi dei Rioni raggiungessero le stesse dimensioni (lo si può rilevare dalle stampe dell’epoca).

[4]          Io ho avuto modo di vedere un appunto scritto a mano, la cui grafia è facilmente riconoscibile, datato “Oria, 20 giugno 1959”, che recita alla lettera: “Proposta presentata alla Pro Loco per istituire una manifestazione in Oria, da ripetersi annualmente. Rievocazione della pagina storica relativa alla difesa di Oria contro l’assedio del principe Manfredi. Impresa di Tommaso D’Oria. I cavalli per l’assedio li forniranno i macellai Cariolo Giuseppe e Patisso Nicola. L’Ente prov.le del turismo sarebbe disponibile ad aiutarci. La scena dovrebbe essere incentrata sull’area del campo sportivo, aggiustando le mura di recinzione”. Se il contenuto di questa annotazione risponde a verità, Capone nel 1959 quanti anni aveva? Quattordici… quindici…?. O l’idea di una manifestazione rievocativa di un episodio del periodo medievale, incentrato su Tommaso d’Oria, era già nell’aria diversi anni prima che Capone presentasse il suo progetto?

[5]          Negli anni ai quali si riferisce Capone il Consiglio della Pro Loco era così formato: dr. Donato Palazzo, presidente; Alvaro Ancora, avv. Luciano Calò, dr. Domenico D’Addario, ins. Grazio Grassi (Sindaco di Oria), avv. Cosimo Iacovazzi, rag. Giuseppe Palazzo, ins. Annibale Stranieri e dr. Guido Zanchi (direttore EPT di Brindisi) consiglieri.

[6]          Di seguito si riporta il Comitato Studio Torneo del 1968: dr. Donato Palazzo, Giornate Federiciane; Alvaro Ancora, Testi e ricerche storiche; prof. Antonio Benvenuto, Araldica e stendardi; Glauco Caniglia, Campo del Torneo; Gino Capone, Coordinatore artistico; doitt. Domenico D’Addario, Regolamenti gare; prof. Giuseppe De Quarto, Bozzetti costumi; col. Mario Ingravalle (Direzione Tecnica dell’Arsenale Militare di Taranto), Consulenze armi; Conte architetto Gennaro Martini Carissimo, consulenza; geom. Cosimo Moretto, Progettazione tecnica; notaio avv. Eugenio Travaglini, Corteo e costumi; dr. Nicola Mazzone, Consulenza tessuti; inss. Francesco Di Giovanni, Salvatore Schifone e Annibale Stranieri, Segreteria generale e Amministrazione.

[7]          Già nel 1967 il notaio Travaglini era stato responsabile dei costumi e del Corteo.

[8]          Ci sarebbe da fare una piccola osservazione: Capone non scrive che, quand’egli presentò alla Pro Loco il progetto “Giostra Medievale in Oria Fumosa”, Alvaro Ancora, “uno dei più giovani consiglieri, amico intimo del padre …” fu il “suo primo sponsor dichiarato”? E a questo punto non si avrebbe l’impressione che ci sia una sorta di macroscopica contraddizione tra quanto dice Capone e il comportamento del consigliere Ancora? E il richiamo di Capone al “padre, tesserato con la tessera n° 1 della Pro Loco” e “amico intimo” di “uno dei più giovani consiglieri” della stessa Pro Loco non legittimerebbe il sospetto che i rapporti paterni fossero considerati come una specie di lasciapassare per il progetto? Tutto lo lascia credere, ma io penso di no e i risultati mi danno ragione.

[9]   Il prof. Ancora era consigliere della Pro Loco pure nel 1967 e negli anni precedenti, se non erro a partire dal 1962.

[10]        Ricordo i titoli degli articoli del prof. Ancora e, in parentesi, il numero delle pagine occupate. Sul Numero Unico del 1968: “ORIA – Quadro storico” (pp. 6), “Federico II di Svevia” (pp. 2), “Giuochi e Spettacoli Pubblici nel Medio Evo” (pp. 2); “Il Castello” (pp. 2). Sul Numero Unico del 1969: “La Civitas Oritana” (pp.6) e “Lo Stato di Federico II” (pp.3).

[11]        Si veda Poleis di martedì 5 agosto 1986, p.4.

[12]        Il termine “autore” è usato in senso generico, quasi per indicare una qualifica professionale. Non penso che Capone voglia qualificarsi come autore del “Corteo Storico di Federico II – Torneo dei Rioni”, che è frutto della collaborazione di più persone!

[13]        Si riferisce all’ edizione del 1969 (la terza).

[14]        In un primo periodo si riunì in via Mario Pagano e successivamente in vico Torre SS.

[15]        Alla lettera, così si esprime Capone nella sua “nota” polemica: “Il consiglio della Pro Loco di allora, presieduto dal giudice Palazzo, era costituito dalla intellighentia oritana…”.

[16]        Donato Palazzo, “PER UN’IDEA”, Numero Unico del 7-8 agosto 2004. Articolo ripubblicato nel Numero Unico 2016, p. 33.

[17]        Come ho scritto in “…Turismo …via di speranza…,”Sin dalle prime edizioni, per effetto della complessità e delle potenzialità di sviluppo della manifestazione, cominciò a farsi strada l’idea di una struttura … Questa idea è stata confermata in diverse circostanze, compresa quella relativa alla definizione dello Statuto del Comune… approvato nel 1992”.

[18]        Nel 1975 o 1976 (non ricordo con precisione) il Sindaco Albino Delli Santi si rese promotore di una riunione per la costituzione del Comitato Torneo dei Rioni. La riunione fu convocata per il giorno 14 aprile dello stesso anno, alle ore 17.30, nella Sala del Consiglio Comunale, a nome del Sindaco con invito firmato dal vicesindaco Attilio Ardito. Ricordo che nello stesso anno Capone e il suo gruppo non parteciparono alla manifestazione, della quale fu coordinatore il prof. Franco Di Bella..

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