Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza pronunciata dal Tar lo scorso 7 luglio e ha decretato, ieri, la fine del mandato del sindaco di Torre Santa Susanna Michele Saccomanno. Nove consiglieri comunali, a fine febbraio scorso, si erano dimessi dalla carica – anche se con modalità particolari – proprio per sfiduciare il primo cittadino, che era stato eletto il 31 maggio 2015. Dalle dimissioni contestuali dei nove è scaturito un delicato caso che i giudici amministrativi hanno affrontato a più riprese e non senza sorprese tra le decisioni cautelari e quelle di merito. Una sorta di effetto yo-yo che, a fasi alterne, ha visto prevalere ora le ragioni dei dissidenti, ora quelle di Saccomanno e dei suoi.
Quest’ultimo match è stato appannaggio di Antonio Trinchera, Pompeo Petarra, Giuseppe Santo Arena, Antonio Baldassarre Epifani, Giuseppe Antonio Longo, Cosimo Morleo, Mino Maurilio Nigro, Giuseppe Rizzo, assistiti dagli avvocati Federico Massa e Domenico Mastrolia. Ad avere la peggio, invece, oltre al sindaco anche Susanna Di Maggio, Giuseppe Gallù, Giuseppe Masi, Martino Salvatore Pinto, Serena Lucia Missere, tutti rappresentati dagli avvocati Adriano Tolomeo, Alessandro Orlandini e dFrancesco Fabrizio Tuccari; Marcella Di Gaetano, Giuseppe Antonio Bello, Giuseppe Antonio Miccoli, Vincenza Bianco, Umberto Calò, assistiti dagli avvocati Raffaele Missere e Barbara Renna.
La questione era tutta nel modo col quale erano state presentate le dimissioni lo scorso 28 febbraio. Se ne fece carico, anche per il gli altri, il consigliere Pompeo Petarra. L’atto da lui depositato alle 7,44, però, era carente dell’autentica delle firme e non era corredato da delega da parte degli altri. Quindi, secondo il segretario generale del Comune rilevava ai soli fini delle dimissioni dello stesso Petarra (destinato a essere surrogato) e non degli altri colleghi. Alle 11,20 dello stesso giorno, tutti e nove i consiglieri si presentarono in municipio con un nuovo atto di dimissioni collettive poi inviato alla Prefettura di Brindisi. La Prefettura interessò del caso il Ministero dell’Interno, che optò per la regolarità delle dimissioni collettive. Così, Saccomanno fu sostituito dal commissario prefettizio Pietro Massone. Intanto, però, è cominciata la battaglia giudiziaria. Un lungo tira e molla conclusosi ieri con il Consiglio di Stato, secondo cui Saccomanno non può continuare nel suo mandato. Non si esclude che ora del caso sia investita la Cassazione.