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Non solo malasanità: delicatissimo e ben riuscito intervento di microchirurgia ortopedica a Francavilla

Quel dito l’avrebbe anche potuto perdere. Nella migliore delle ipotesi, quel diro non sarebbe stato più lo stesso. Un semplicissimo, banalissimo incidente domestico per una potenziale menomazione a vita. E, invece, Federica è stata fortunata o, meglio, si è rivolta alle persone giuste: ha incontrato sulla propria strada un chirurgo scrupoloso, che non ha sottovalutato il suo caso e, anzi, gliel’ha, seppur difficoltosamente, risolto. È per questo che, ora, con la notte alle spalle, ringrazia il primario di Ortopedia del “Dario Camberlingo”, Piero Gioia, la sua equipe e l’intero personale dell’ospedale di Francavilla Fontana.

L’incubo di Federica comincia un paio di settimane fa, un giorno importante: l’inaugurazione di un locale del compagno, Enzo.
Federica tiene al guinzaglio il cane di famiglia (un weimaraner di 10 mesi) molto legato a suo fratello. Quando l’animale intravede il suo padroncino (il fratello di Federica) scatta in avanti e dà un violento strappo al guinzaglio; le dita di Federica vi rimangono impigliate. Un grido di dolore; l’anulare di Federica non è più lo stesso, è spezzato, fa impressione in quanto schiacciato, deformato e persino accorciato.Corsa al pronto soccorso, ma niente da fare: è solo un dito rotto, si stecca e poi si pensa, le dicono. Il consulto di tre medici, tutti concordi: nessuna operazione, ma neppure garanzie di pieno recupero dell’estetica e della funzionalità dell’anulare destro.

Comprensibilmente preoccupata, Federica, il suo ragazzo e i suoi familiari decidono di ricorrere alla cosiddetta ultima spiaggia, che poi coincide con quella più vicina a casa.
Si rivolgono al dottor Gioia (ex primario a Brindisi) che analizza le lastre e sentenzia qualcosa del tipo: “La situazione è molto delicata, non vi assicuro nulla, ma con pazienza, ci proviamo”.

Il chirurgo ortopedico si fa ordinare una rara placchetta da inserire nel metatarso di quel dito: 3,5 millimetri per cercare di rimettere le cose al proprio posto.

Giovedì scorso, finalmente, il materiale arriva in ospedale e l’operazione viene fissata per l’indomani.

Quando Federica è sotto i ferri in anestesia totale, insorge una complicazione: la placchetta è “grande” 3,5 millimetri, mentre l’apertura nel dito e lo spazio d’intervento è di soli 3 millimetri.

La situazione è critica, ma l’equipe non si scoraggia: grazie a un complesso sistema di piccolissimi fili in ferro e vitine, si riesce a calare e fissare microchirgicamente la placca al suo posto.
L’intervento riesce alla perfezione nonostante le difficoltà. I raggi X lo confermano: andrà tutto bene, quell’anulare col tempo si riprenderà.

Federica e i suoi cari sono felici di aver incontrato i professionisti giusti, per giunta proprio dietro l’angolo e quando ormai pensavano di dover abbandonare ogni speranza.

I casi di malasanità, in Italia e nel mondo, sono tanti. I medici e i chirurghi sono donne e uomini, quindi, come tali, possono anche sbagliare; il problema è che quando sbagliano, ne va della salute di qualcun altro. È giusto criticarli nell’errore, è giusto elogiarli nel successo.
Lo Strillone, come noto, si concentra sia sulla prima che sulla seconda ipotesi. La storia su descritta rientra nella seconda casistica, ed è una di quelle storie che ogni paziente e familiare vorrebbe vivere, che ogni cronista vorrebbe raccontare.
Non solo malasanità, ma anche casi di eccellenza e meticolosità. Che, una volta tanto, fa rima anche con buona sanità.

Eliseo Zanzarelli

 

 

 

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