Il II Istituto Comprensivo in collaborazione con l’associazione culturale Sp.A.C.E ha avuto l’onore di ospitare Oleg Mandić, l’ultimo bambino di Auschwitz. Per gli studenti, così come per i docenti, si è trattato di un incontro speciale, organizzato dalla referente alla legalità prof.ssa M. Baldari; un’occasione, ormai unica, dati gli oltre 70 anni che ci separano dai tragici eventi revocati questa mattina di fronte ad un pubblico attento e profondamente catturato dalla tragica narrazione. Questa iniziativa ha rappresentato per tutti gli alunni una grande opportunità di crescita, fortemente voluta dal Dirigente scolastico dell’istituto prof. Roberto Cennoma.
Gli alunni hanno avuto la possibilità di ascoltare anche la testimonianza di Genny Biasi, insegnante del II Istituto Comprensivo e figlia di Gaetano Biasi sopravvissuto, anche lui a due anni di detenzione nel lager Statlak 37 in Austria come internato militare.
Molti dei ragazzi in sala hanno la stessa età che aveva Oleg Mandic quando venne internato ad Auschwitz: 11 anni. Oggi ottantasettenne, uno sguardo dolce e forte tipico di chi ha vissuto pienamente la sua vita, Oleg arrivò ad Auschwitz nell’estate del 1944 insieme alla madre Névenka e alla nonna Olga. Fu identificato con il numero IT 189488 e con un triangolo rosso perché prigioniero politico e liberato dall’Armata Rossa nove mesi più tardi. Durante il dibattito con i ragazzi, ha sottolineato come sia importante che i sopravvissuti ai campi di sterminio raccontino la propria esperienza fino all’ultimo respiro. La lettura di alcuni passi più significativi de “L’ultimo bambino di Auschwitz” ha tenuto tutti con il fiato sospeso. Nonostante la tragedia che ha segnato la storia di tutta dell’umanità, i nostri ragazzi hanno voluto accogliere il sopravvissuto realizzando dal vivo alcuni fiori di carta proprio come faceva lui nel campo di concentramento.
Oleg ritorna spesso ad Auschwitz e calcola di essere sopravvissuto: «il 5 per cento per merito mio, il 15 grazie all’amore di mia madre, l’80 per fortuna». Gli spettri del passato non lo abbandonano mai, eppure li ha descritti con leggerezza, perfino con ironia: «A 12 anni avevo visto il male assoluto. Quello che mi aspettava da quel momento sarebbe stato un valzer. Grazie ad Auschwitz la mia vita è stata bellissima», un invito alle nuove generazioni ad essere felici e liberi vedendo il bicchiere mezzo pieno, sempre, anche nelle difficoltà più estreme!
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