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Trasfusione infetta ed epatite B, condannato al risarcimento del danno il Ministero della Salute

Diversi anni fa, le fu praticata una trasfusione di sangue a seguito della quale, dopo anni, scoprì di aver contratto l’epatite B. Di recente, il Tribunale civile di Lecce le ha riconosciuto il risarcimento del danno nell’ordine di diverse decine di migliaia di euro. Una donna di 52 anni residente a Manduria, in provincia di Taranto, ha portato in giudizio sia i responsabili dell’ospedale “Marianna Giannuzzi” (Manduria) sia anche lo stesso Ministero della Salute, difeso dall’Avvocatura dello Stato di Lecce. Il legale di fiducia della donna è Pietro Maria Ammaturo del Foro di Brindisi.

La causa è stata avviata nel 2020, ma quella emo-trasfusione risaliva a diverso tempo prima. Il Ministero ha tentato, per il tramite degli avvocati statali, di negare la propria legittimazione passiva e di eccepire l’avvenuta prescrizione oltre che la mancanza di colpa “in quanto il compito del Ministero non doveva ritenersi esteso anche al controllo su ciascuna trasfusione”. In più: pretesa risarcitoria eccessiva.

L’avvocato Ammaturo

La giudice Viviana Mele ha conferito incarico tecnico al dottor Bruno Causo, che ha sostanzialmente confermato l’esistenza di un nesso di causalità tra quella trasfusione e la successiva malattia, insorta o – meglio – scoperta a distanza di tempo. Il consulente tecnico ha condiviso – da un punto d’osservazione scientifico – appieno le tesi esposte dall’avvocato Ammaturo, anche nel richiamare sul tema delle pronunce della Corte di Cassazione, per la quale il Ministero – massimo organo di vigilanza sanitaria – non può soprassedere rispetto ai controlli territoriali, sia nel bene che nel male, in riferimento a malattie come l’epatite B per emo-derivati accolti nelle strutture sanitarie e poi da esse accettati, infine somministrate ai pazienti. La parte attrice ha invece nominato quale consulente di parte il dottor Alessandro Bocchini.

“Sussiste dunque la prova della responsabilità del Ministero della Salute del Ministero della Salute nello svilupparsi della malattia in capo all’attrice”. Sulla scorta della perizia, il Tribunale ha quindi riconosciuto alla paziente danno biologico, sofferenza soggettiva, danni e spese di giudizio. Non importa che il problema sia derivato dagli anni ’90. C’è e altrimenti non ci sarebbe stato. L’ha detto la giudice, essendosi basata sulle pronunce della Suprema Corte. Ora è chiaro che ci possa essere un ricorso, ma intanto il risarcimento è stato delineato.

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