In Puglia ci sono circa 700 aziende che producono e rivendono cannabis legale, numeri niente male.
“Noi siamo a tutti gli effetti degli imprenditori, non degli spacciatori da quattro soldi: noi coltivatori di canapa legale abbiamo investito dei soldi nelle nostre attività e se lo stato ci considera dei delinquenti, siamo costretti ad andarcene altrove senza pagare le tasse qui”. Lo dice Adriano Margiotta, 42 anni, che col fratello Alessandro, 35, dal 2017 conduce 5-6 ettari – serre comprese – a Lecce: è Salento Canapa, associata a Canapa Sativa Italia che con Cgil ha promosso la manifestazione di oggi contro la criminalizzazione della cannabis legale. “Il nostro settore ha spinto diversi giovani anni fa – dichiara Adriano – a restare e produrre qui anziché emigrare e noi crediamo che un governo efficace e davevro prossimo ai suoi cittadini debba puntare a incentivare quei settori in forte espansione come il nostro, non metterlo al bando e lasciando per strada migliaia e migliaia di persone”.
“La nostra pianta non è per nulla drogante, allora quale sarà il prossimo passo? Dichiarare guerra alla camomilla? Si parla tanto di orgoglio per made in Italy riferito al vino, ma l’alcol uccide un sacco di persone ogni anno, i nostri prodotti no. Mettere al bando la cannabis legale è come mettere al bando la birra analcolica, qualcosa di assolutamente inutile e controproducente per lo stesso fisco italiano”.
“Noi partimmo qualche anno fa – prosegue – acquistando due terreni a Lecce del tutto abbandonati e ci abbiamo investito nel complesso 270mila euro veri, non di quelli del Monopoly. Ora che si fa? Solo perché Salvini & company si alzano col piede storto la mattina dobbiamo perderci quei soldi? Siamo alla follia e non smetteremo di batterci per tutelare i nostri diritti e quelli di chi come noi in questo settore ha trovato il modo di realizzarsi. Tengo a dire che in Europa quelli che producono maggiore qualità siamo proprio noi italiani, che esportiamo un po’ ovunque e pagando le tasse in Italia”.
Come, per esempio, Antonio Letizia, 42 anni, che da cinque anni ha avviato a Oria “Emplight”: anche lui conduce 5-6 ettari a cannabis destinata principalmente a uso industriale, al pari dei colleghi leccessi di Salento Canapa. “Noi non produciamo essenzialmente cannabis legale da fumo, ma per cosmetica, bioedilizia, bioplastica e tessile. Sì, anche in edilizia perché con le fibre dei nostri prodotti ci fanno tufi ignifughi e pannelli per la coibentazioni, gli ormai famosi cappotti termici per essere più diretti”.
“Non tutti lo sanno – prosegue – ma dalle nostre piante si produce anche un olio pregiato, ricco di Omega 3 e più costoso di quello di oliva. Poi è sempre grazie a noi che nasce la farina di canapa, molto utilizzata anche nella ristorazione più ricercata”.
“I nostri semi sono di assoluta qualità e dispongono di certificazioni europee: nel Brindisino seminiamo la Eletta Campana perché il nostro terreno si presta meglio, mentre nel Leccese si semina principalmente la Carmagnola, che proviene dal Piemonte. Siamo agricoltori con i contro(…), mica gente improvvisata”.
“Qui in Puglia poi – aggiunge Letizia – siamo circondati da deserti agricoli e ci è impedito di reimpiantare ulivi, come dovremmo fare a mettere a frutto i nostri campi? Io con la mia attività legale porto avanti la mia famiglia, è impensabile che da un giorno all’altro venga fuori un politico qualsiasi per dire che non posso più lavorare, dove dovrei andare e a fare cosa superati i 40 anni? La nostra è una battaglia di civiltà e siamo disposti a intraprendere ogni iniziativa, comprese quelle legali persino dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea, pur di vedere riconosciute o, meglio, tutelate le nostre ragioni. Io ho seminato e speso a marzo e aprile e ora mi ritrovo in prossimità di ottobre, periodo del raccolto, tra mille incertezze. Non possono toglierci presente e futuro”.
Il grido di coltivatori e rivenditori si leva unanime da piazza Santa Teresa a Brindisi, proprio di fronte alla Prefettura: giù le mani dalla cannabis light.