Nella giornata di ieri, Francavilla Fontana ha dovuto dire addio a Giovanni Capobianco. Aveva 77 anni e tanta sofferenza alle spalle.
È stato un punto di riferimento per intere generazioni e scommise sulla “167” o meglio, sul quartiere San Lorenzo di Francavilla Fontana (come da un certo momento in poi si è preferito definire quella popolosa ma periferica area della Città degli Imperial) quando nessuno aveva ancora deciso di farlo. La sua fu una mission anche e forse soprattutto sociale, secondariamente commerciale.
Intorno agli anni ’80 esordì – con l’amata moglie Marisa – con un panificio e poi ampliò l’offerta in quartiere nel quale davvero non c’era alcunché. Un quartiere malfamato – nel senso che non godeva di ottima fama, molto più che oggi – nel quale davvero nessuno aveva il coraggio di scommettere 50 lire (e a quel tempo 50 lire erano già soldi).
E lo fece concedendo credito a quanti – moltissimi – non potevano permettersi neppure un tozzo di pane. Più che concedere credito, sapeva che quel suo “poi me li porti” era un gesto benefico, proprio di beneficenza. Eppure non smise di crederci, perché la gente apprezzava la generosità di quell’uomo buono che regalava cose, soprattutto ai ragazzini del quartiere.
Così, quando si poteva si andava a saldare i debiti perché “Giuanni” se lo meritava. Erano celebri i suoi panini “pesciolini” e le sue focaccine, che quotidianamente regalava ai ragazzini della 167. Perché, in fondo, li sentiva ormai come suoi figli.
Sono celebri e verissimi, tra chi frequentava le superiori a quei tempi gli aneddoti secondo cui regalasse un panino o una focaccina a chi faceva “filone” (non entrava, cioè, a scuola) a un solo patto: “Io te lo do, ma tu domani entri a scuola”.
In un periodo di crisi sociale profonda, nessuno si sognò di prendere di mira per furti e rapine il suo market. E neppure il suo panificio. A quel tempo, conquistarsi il rispetto delle fasce più deboli non era semplice. Giovanni era uno del popolo, come tutta la sua famiglia.
E, a proposito di famiglia, più di dieci anni fa, Giovanni e sua moglie Marisa – oltre al resto dei loro cari – persero in un incidente stradale lungo la via per Ceglie Messapica una figlia e una nipote.
Oggi (11 novembre) alle 15.15 nella chiesa di San Lorenzo l’ultimo saluto a un uomo con – definito a queste latitudini come un uomo la “U” maiuscola. Fra i primissimi a scommettere su di una rinascita che in parte c’è stata, in molta parte ci deve ancora essere.
La sua d’investire nel quartiere San Lorenzo fu una scommessa vinta, di sicuro personalmente e umanamente vinta.