Può tornare quantomeno a respirare un piccolo imprenditore di Oria, cui la banca ha deciso di restituire 60mila euro per spese, commissioni e interessi anatocistici (interessi sugli interessi) non dovuti. L’imprenditore, sentitosi ingiustamente vessato dal noto istituto di credito si è rivolto al suo legale per fargli presente la situazione e – inizialmente caduta nel vuoto ogni composizione bonaria della controversia – ha incardinato un processo dinanzi al Tribunale civile di Brindisi (giudice Antonio Sardiello).

L’avvocato Giuseppe D’Ippolito, del Foro di Taranto, ha messo per iscritto e documentato come i conti non tornassero e lo stesso giudice ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio con la quale sono stati sostanzialmente confermati i sospetti della parte attrice. Così, a quel punto, la banca ha scelto di scendere a patti riconoscendo al correntista in via transattiva una somma pari a 60mila euro. Lo stesso correntista, d’accordo con l’avvocato D’Ippolito, ha deciso di accettare quanto proposto dalla controparte, nonostante le cifre emerse dalla consulenza tecnica fossero decisamente superiori. «Il cliente si è accontentato di quella somma – dichiara il legale – per evitarsi lungaggini processuali, ma possiamo ben dire che per lui si tratta di una boccata d’ossigeno in una situazione difficile tra le cui concause vi erano, evidentemente, le ingiuste pretese dell’istituto bancario».
Tutto inizia qualche anno fa quando il piccolo imprenditore percepisce vagamente come qualcosa non vada proprio come dovrebbe: troppe spese di tenuta del conto che si aggiungono a quelle ordinarie per mantenere in vita l’azienda che necessita, per forza di cose, di un riferimento bancario. La banca è di quelle tra le più importanti in Italia (che non ha una filiale a Oria) potenzialmente al di sopra di ogni sospetto. E, infatti, fintanto che tutto sembra procedere per il meglio – il lavoro c’è, i soldi entrano – tutto va come deve andare. Fino a quando, a pandemia in corso e persino dopo lo sblocco delle restrizioni, le cose cominciano a non andare più per il meglio.
È stato a quel punto che l’imprenditore-correntista ha cominciato a fare caso a cifre che non gli tornavano e non sapeva neppure – esattamente – per cosa gli fossero chiesti (e gli fossero stati chiesti, negli anni) tutti quei soldi. «Avvoca’, a me qua i conti non tornano. Secondo te, è normale?», chiese quello stesso imprenditore al suo legale di fiducia. L’avvocato D’Ippolito si prese il tempo necessario per verificare e dargli ragione.
Come da prassi, prima di fare causa, l’avvocato cercò un accordo con la banca. Niente da fare. Poi sorse il contenzioso e la consulenza tecnica disposta d’ufficio dal giudice confermò come, effettivamente, i conti non tornassero. Si è addivenuti a un accordo a saldo e stralcio. Sì, però in favore della stessa banca che, altrimenti, avrebbe probabilmente dovuto sborsare quelli e altri soldi sulla base di quanto indebitamente percepito anno dopo anno. La transazione dei giorni scorsi – 60mila euro e non se ne parli più – ha posto fine a un sopruso bancario, ai danni di un piccolo imprenditore, che se non ci fosse stato sarebbe stato meglio per tutti. Banca compresa.