Imprenditore strozzato da banca, che gli restituisce 180mila euro: i conti non tornavano, anche interessi a tasso usurario

Senza un accordo, le cose sarebbero potute andare decisamente peggio per una nota banca che – messa alle strette – ha dovuto comunque restituire a un suo correntista 180mila euro per spese, commissioni, interessi anatocistici (interessi applicati agli interessi) e persino interessi a tasso usurario. Il correntista, un imprenditore di Francavilla Fontana, ha raccontato al suo legale – Giuseppe D’Ippolito del Foro di Taranto – come i conti da diversi anni a questa parte non gli tornassero.

Il legale, con l’ausilio di una consulente di parte, Anna Calzolari, ha messo nero su bianco la questione e l’ha portata in tribunale. Dopo l’avvio del contenzioso e qualche udienza che per l’istituto di credito già non prometteva bene, ecco che qualche giorno fa si è deciso di scendere a patti per non proseguire nello stillicidio giudiziario. Un’operazione che, tutto sommato, ha comportato vantaggi tanto all’attore quanto al convenuto (oltre che, ovviamente, ai rispettivi avvocati).

Lo stesso correntista, d’accordo con l’avvocato D’Ippolito, ha quindi deciso di accettare quanto proposto dalla controparte, nonostante le cifre emerse dalla consulenza tecnica fossero decisamente superiori così come superiore era la richiesta a monte della transazione. «Il cliente si è accontentato di quella somma – dichiara il legale – per evitarsi lungaggini processuali, ma possiamo ben dire che per lui si tratta di una boccata d’ossigeno in una situazione difficile tra le cui concause vi erano, evidentemente, gli ingiusti prelievi dell’istituto bancario».

L’avvocato Giuseppe D’Ippolito

Una situazione protrattasi dal 1993 ai giorni nostri, quando quello stesso imprenditore ha in qualche modo aperto gli occhi dopo essersi trovato in difficoltà anche indipendenti dalla condotta della banca. Tuttavia, le troppe spese di tenuta del conto si sono sommate a quelle ordinarie per mantenere in vita l’azienda che necessita, per forza di cose, di un riferimento bancario. La banca è di quelle tra le più importanti in Italia potenzialmente al di sopra di ogni sospetto.

La situazione, come per molti, era peggiorata dopo la pandemia e dopo lo sblocco delle sospensioni di pagamento per Covid. In quel frangente è emerso qualche sospetto nell’imprenditore, che ha deciso di conferire mandato a un avvocato – a costo di doverlo pagare a parte – pur di fare chiarezza in una situazione che già a lui appariva piuttosto nitida: in così tanti anni, gli sembrava di aver “regalato” troppo alla sua banca che d’ora in poi, secondo accordi, non sarà più la sua banca.

Come da prassi, prima di fare causa, l’avvocato cercò un accordo con la banca. Inizialmente, nulla fa da fare. In seguito è sopraggiunto l’accordo bonario più o meno a metà strada tra quanto preteso e quanto dovuto.

«Ci sono molti casi come questo – dichiara ancora l’avvocato D’Ippolito – che spesso rimangono nel silenzio per inerzia dei correntisti, ma posso tranquillamente assicurare, sulla base della mia esperienza, come non manchino i soprusi bancari e creditizi: bisogna avere il coraggio di farli emergere e di far valere i propri diritti anche a costo di dover cambiare banca».

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