Festa dei Santi Medici senza cassarmonica e fuochi d’artificio: niente critiche ma il popolo mugugna, una tradizione che va scemando

[Foto in anteprima di Fernando Barone, che non c’entra col contenuto del post]

di Eliseo Zanzarelli

Che Oria sia da sempre legata al culto dei Santi Medici e che – anzi – ne sia un punto di riferimento anche per i fedeli non residenti, è un fatto noto. Che nel tempo Oria si sia caratterizzata per le sue solenni celebrazioni religiose – mai in discussione, neppure oggigiorno – è anch’esso noto.

Quelle celebrazioni religiose sono state, nella storia, spessissimo accompagnate da festeggiamenti civili piuttosto importanti e capaci di attrarre gente da fuori non soltanto in quanto credente, ma anche perché in cerca di quel sano svago che ogni tanto ritiene di potersi concedere.

Da qualche anno a questa parte, le cose non sembrano più andare di pari passo: se è vero che la Diocesi deve anzitutto occuparsi della parte liturgica – e continua a farlo, anche egregiamente – è altrettanto vero che i due aspetti sono riusciti nei momenti e negli anni migliori a contagiarsi armonicamente sotto ogni aspetto.

La gente partecipava più copiosamente alle funzioni religiose, poi si concentrava volentieri anche su quelle secolari. E dello spettacolo nella fede hanno – per tradizione – fatto parte integrante la cassarmonica in piazza Manfredi (di qualche anno fa, 2016, la polemica circa il suo spostamento più di lato rispetto al Sedile) e i fuochi d’artificio a chiudere in bellezza i festeggiamenti in onore di quei santi medici – oltre a Cosma e Damiano, anche Antimo, Leonzio ed Euprepio – che a tutt’oggi e nonostante tutto continuano a ispirare migliaia e migliaia di pellegrinaggi in direzione Oria.

Le ragioni del prolasso degli antichi e consolidati costumi è tutto da decifrare. Ci sarà qualche specifica indicazione in tal senso? La cassarmonica, con l’esibizione di bande provenienti da diversi comuni del circondario, è forse troppo costosa o non più del tutto apprezzata? Lo spettacolo pirotecnico è anch’esso eccessivamente dispendioso o superato?

Il Comitato feste patronali – se ancora di un comitato si possa parlare, perché non è obiettivamente più quello del tempo che fu – non dispone di risorse adeguate, a parte i fondi che concede il Comune? Si registra forse una crisi delle donazioni, più ancora che delle vocazioni?

Solo domande, ovviamente, che il fedele e magari anche il semplice cittadino si pongono. Cos’è cambiato, rispetto a prima? Cosa ci si è persi, cosa si è perso e chi – eventualmente – si è perso nella parte profana dei festeggiamenti? E, soprattutto, perché?

Ciò che si sa è che comunque a Oria e dintorni piccole feste parrocchiali hanno raccolto consenso e contributi economici, non soprattutto ma anche grazie a organizzazione a monte, raccolte porta a porta, fuochi d’artificio e sagre di quartiere. Sulle feste patronali può aver influito il fatto che la cattedrale da qualche anno non è più sede di parrocchia?

D’altra parte, in una propria nota, la Conferenza episcopale pugliese (Cep) suggerisce di creare un coordinamento tra i vari comitati organizzatori o comunque un unico comitato per tutte le feste con incarichi a rotazione: potrebbe essere questa una soluzione? Se il comitato fosse unico, almeno in teoria, s’impegnerebbe a raggiungere una sorta di omogeneità tra ogni festa.

Si notano poi differenze sostanziali tra Oria e Francavilla Fontana – stessa Diocesi – intese come comuni. Nella Città degli Imperiali, il presidente del comitato festa patronale è indicato dal sindaco; a Oria, invece, non accade ciò (nella stessa nota della Cep si legge come il presidente dovrebbe essere nominato dal parroco e non da parte politica).

L’importante – ed è ovvio che così sia, non ci piove – è tutelare principalmente la parte della fede, ma in fondo da qualche anno a questa parte si parla ovunque anche di turismo religioso e non necessariamente si è in presenza di qualcosa di blasfemo: lungi dall’essere una creatura appena degna dell’inferno o tutt’al più del purgatorio e probabilmente neppure del limbo danteschi, il turista religioso è semplicemente una persona che trae spunto da una propria passione per il trascendente e l’abbina a diverse altre passioni per luoghi (anche religiosi), usi e costumi.

Insomma, tutto pretende la propria parte ed è incredibile pensare come un tempo ciò apparisse non soltanto possibile ma addirittura scontato e quasi dovuto. Ora, invece, ci si deve accontentare per ragioni che né al cittadino medio né al forestiero sono note. Perché nessuno dice, nessuno spiega, nessuno in qualche modo giustifica. Come se il comprendere a prescindere dovesse anch’esso rappresentare un atto di fede o, peggio, proprio un dogma.

Intanto, ecco qui di seguito la locandina per Perdonanza dei santi medici e festeggiamenti per la stessa Perdonanza in programma i prossimi 21 e 22 maggio a Oria. Sì, sarà comunque una bella festa. Il problema è proprio quell’avverbio “comunque”, che un giorno si potrebbe anche eliminare. 

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