Si temeva che i carabinieri potessero scoprire l’arsenale nascosto nella ferramenta, a Carosino, del 57enne Camillo Giannattasio. Questi si sarebbe arreso all’arresto dei “falchi” (poliziotti in moto) del commissariato di Grottaglie mentre il 59enne Michele Mastropietro, sempre di Carosino, avrebbe esploso fino all’ultimo proiettile contro le forze dell’ordine. E, anzi, avrebbe pure cercato di ricaricare la sua pistola.
Mastropietro (deceduto a seguito di un conflitto a fuoco) è ritenuto l’assassino del coetaneo brigadiere capo dei carabinieri Carlo Legrottaglie, di Ostuni, ferito a morte all’addome nel corso di una sparatoria avvenuta intorno alle 7 del mattino di giovedì scorso (12 giugno) in contrada Rosea a Francavilla Fontana.
La pattuglia dei carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile – formata da Legrottaglie e un collega brigadiere – aveva inseguito una Lancia Y (risultata rubata il 15 maggio a Locorotondo) non fermatasi all’alt durante un posto di controllo in contrada Tiberio.
L’inseguimento si era concluso poco distante, in contrada Rosea, dove l’utilitaria si era schiantata contro un palo dell’elettricità. Dopodiché, erano partiti dei colpi d’arma da fuoco nel momento in cui il brigadiere capo si era avvicinato al veicolo incidentato, probabilmente per sincerarsi delle condizioni degli occupanti.



Mentre il collega di pattuglia si concentrava sulle condizioni di Legrottaglie, Mastropietro e Giannattasio fuggivano a piedi in direzione Grottaglie. Dove, a stretto giro, sono poi stati rintracciati dagli agenti di polizia.
Dal verbale di convalida dell’arresto di Giannattasio – difeso dall’avvocato Luigi Danucci del foro di Taranto – è emerso come il motivo della prima fuga e della successiva reazione (pare, ad opera del solo Mastropietro, tanto che Giannattasio ha richiesto la prova dello Stub) fosse legato al nascondere un arsenale.
Un arsenale poi effettivamente trovato dalla polizia nell’esercizio commerciale di Giannattasio: quattro pistole semiautomatiche, alcune con matricola abrasa, due revolver, un fucile a canne mozze, numerose munizioni di vario calibro (9×21, .38 Special, calibro 12), silenziatori artigianali, targhe di veicoli, cappucci, passamontagna, guanti, telefoni cellulari, materiale per la modifica e manutenzione di armi ma anche coltelli, arnesi da scasso e ricetrasmittenti.
A cosa sarebbe servita o era servita tutta quella roba? Sembra vi fosse una certa organizzazione in tutto ciò.
Quel che si sa è che già in precedenza Mastropietro era stato condannato a seguito di un assalto (fallito) a un portavalori nelle campagne di Monteiasi: tra questa condanna e un’altra risalente nel tempo, si era ritrovato a scontare nove e anni e due mesi per poi tornare libero nel 2022.
Intanto, nei prossimi giorni sarà disposta l’autopsia sul corpo di Mastropietro (che potrebbe già essere rimasto ferito dalla reazione armata di Legrottaglie. A questo proposito, risultano indagati per omicidio colposo i due poliziotti intervenuti in contrada Le Monache (Grottaglie) per stanare i due fuggiaschi: un atto dovuto che consentirà loro di meglio difendersi nel corso del procedimento penale, nominando consulenti tecnici di parte (oltre agli avvocati). Un procedimento che al momento e diviso tra le procure di Taranto (pm Francesco Ciardo) e di Brindisi (pm Raffaele Casto).
Diverse posizioni, insomma, sono tuttora da definire. Quella chiarissima dice che il brigadiere capo Legrottaglie è morto nell’adempimento del proprio dovere. Durante il suo penultimo turno di servizio e a pochi giorni dal congedo, che sarebbe giunto il prossimo 5 luglio in concomitanza col suo compleanno dei 60 anni (termine massimo per un carabiniere).