Carabiniere ucciso, morte due persone: mai scadere nel tifo spicciolo. In uno Stato di diritto si passa dai procedimenti prima degli encomi

di Eliseo Zanzarelli

Circola un video che immortala, presumibilmente, gli ultimi istanti di vita del 59enne di Carosino Michele Mastropietro, additato come il killer del brigadiere capo Carlo Legrottaglie. Un video di cui anche noi siamo entrati in possesso, ma che abbiamo deciso di non pubblicare (senza perciò voler giudicare o criticare le scelte di altri colleghi). Nei giorni precedenti e, anzi, nel giorno dell’arresto, era circolato anche un paio d’immagini dello stesso Mastropietro mentre era riverso al suolo e in una di queste immagini persino “in vinculis” – cioè ammanettato – ed esanime.

La scelta è stata, in tal caso qui ma anche altrove, di non pubblicare neppure quelle immagini inumane: d’altra parte è espressamente vietato pubblicare video o foto di gente in manette, ovvero umilianti/raccapriccianti. Si ricordi sempre che anche un presunto assassino ha moglie e figli (nel caso di Mastropietro, tre) che, fino a prova contraria, magari c’entrano nulla con lui e potrebbero soffrirne.

Sembrerà pure paradossale agli occhi dei più, ma in uno Stato di diritto funziona così: ci sono delle leggi improntate all’umanità e le si rispetta. Le stesse leggi che prevedono di accertare cosa sia accaduto nei concitati attimi del primo conflitto a fuoco di contrada Rosea a Francavilla Fontana – dov’è caduto il carabiniere quasi 60enne Legrottaglie, residente a Ostuni e ormai prossimo al congedo – e poi in contrada Le Monache a Grottaglie, dove ha perso la vita Mastropietro.

Quest’ultimo, protagonista di un secondo conflitto a fuoco, pare con due poliziotti della squadra dei “falchi” (poliziotti in moto) del commissariato di Grottaglie. Per ricostruire il tutto, è necessaria un’inchiesta. Ed è necessaria anche l’autopsia sul corpo di Mastropietro per comprendere quale sia – o siano stati – il proiettile che ne ha causato la morte: uno dei colpi esplosi nel suo reagire da Legrottaglie oppure i colpi esplosi in seguito dalla polizia? La risposta è solo apparentemente semplice.

La vicenda o, meglio, le vicende vanno ricostruite per intero e nel modo più certosino possibile. Non si può e non si deve simpatizzare per un pregiudicato (precedenti per rapina ed estorsione, a carico di Mastropietro) che se ne andava in giro armato a bordo di una Lancia Y, nelle prime ore del mattino, in compagnia di un amico – il 57enne Camillo Giannattasio, anch’egli di Carosino e comunque incensurato.

Non si può e non si deve simpatizzare neanche per un complice (Giannattasio) che potrà pur non aver sparato neppure un colpo ma intanto si accompagnava a Mastropietro, poi nascondeva anche nella sua ferramenta un vero e proprio arsenale. Soprattutto, non si può “antipatizzare” per magistrati che – volenti o nolenti – devono applicare la legge esistente, fino a che essa non sarà (nel caso) modificata.

Si può simpatizzare per i carabinieri e per i poliziotti, che di sicuro non hanno gioito nel trovarsi in situazioni di estremo pericolo.

Il Codice di procedura penale, però, prevede che nel caso una persona uccida un’altra persona la prima persona sia indagata per omicidio (quantomeno colposo o fosse anche preterintenzionale). Intanto, si deve indagare.

Le indagini, tuttavia, non corrispondono né a imputazione né a prognosi di colpevolezza, ma soltanto a chiarire meglio la dinamica dei fatti.

Tanto più in una questione un po’ ingarbugliata come quella verificatasi dalle prime ore del mattino di giovedì e fino ad almeno mezzogiorno. I quesiti intorno ai quali i magistrati inquirenti e gli stessi colleghi del brigadiere capo Legrottaglie e dei poliziotti inquisiti devono districarsi sono plurimi.

Solo qualche esempio velocissimo e sicuramente inesaustivo circa i dubbi:

La pattuglia del Norm – formata da Legrottaglie e dal suo partner brigadiere autista – quel giorno si trovava per caso in contrada Tiberio oppure era incaricata di un’operazione di polizia giudiziaria?

I militari a bordo della “gazzella dell’Arma” erano equipaggiati a dovere e hanno seguito il protocollo d’intervento oppure no?

Dov’erano diretti Mastropietro e Giannattasio alle 7 del mattino, a bordo di un’auto rubata (a Locorotondo, il 15 maggio scorso) e per fare cosa?

Che ci facevano tutte quelle armi e quegli attrezzi da scasso nell’esercizio dell’apparentemente insospettabile Giannattasio, che sarebbe stato l’autista di Mastropietro?

Quest’ultimo, Mastropietro, pare abbia cercato di difendersi a colpi di pistola (una Beretta calibro 9×21, matricola cancellata) ma quando e come è morto? Insomma, chi gli ha dato il colpo di grazia? Insomma, è deceduto a causa del primo o del secondo conflitto a fuoco?

In presenza di una normativa ben chiara e sempre applicata, è impossibile chiedere ai magistrati di soprassedere “dato il caso” perché i magistrati non si fondano sull’emotività del momento ma sono soggetti soltanto alla legge, devono essere insensibili a pressioni mediatiche, sociali e politiche. È ben possibile che tanto Legrottaglie quanto i colleghi poliziotti sopraggiunti per “vendicarlo” o, meglio, per assicurare alla giustizia il suo presunto omicida ne escano con medaglia ed encomi.

Intanto, la giustizia e con essa i magistrati hanno i loro tempi e i loro doveri. E guai se così non fosse in uno Stato che non è nato come Stato di polizia ma di diritto. Se poi le norme vigenti saranno modificate, la magistratura si atterrà alle nuove disposizioni non di pancia, ma di legge (si pensi, tanto per fare un esempio, a quanto accaduto con l’abuso d’ufficio). Al momento – piaccia o no – si decide tutto nel corso di un procedimento (processo compreso) che prevede la formazione delle prove a giudizio, al pari della valutazione di esimenti e scriminanti.

Ben vengano gli indiscutibili giudizi di valore gli attestati al valore, ma per conto suo l’inchiesta segua il suo corso naturale che – come sa chi crede nel diritto e non nel giustizialismo – potrà dare soddisfazioni: come si usa dire – talvolta abusandone – giungendo a verità e giustizia. Chi crede nello Stato di diritto, sa perfettamente che lo Stato premierà chi era dalla parte della ragione e punirà chi era nel torto.

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