Una significativa svolta giudiziaria si è verificata nel procedimento che ha visto coinvolto un 65enne di Erchie, inizialmente accusato di maltrattamenti in famiglia e sottoposto a severe misure cautelari. L’uomo è tornato in libertà, a seguito di una decisione del Tribunale di Brindisi che, in camera di consiglio e in composizione collegiale (presidente Stefania De Angelis, a latere Anna Guidone e Adriano Zullo), ha accolto l’istanza presentata dall’avvocato Francesco Mancini, difensore dell’imputato. Dalle recenti udienze, infatti, sarebbe emerso un quadro che suggerisce come la vera vittima di maltrattamenti potesse essere lo stesso uomo, ribaltando le prospettive iniziali classificate sotto il “codice rosso”.
La vicenda aveva avuto inizio il 29 luglio dello scorso anno, quando al 65enne fu notificata un’ordinanza cautelare. Il provvedimento, emesso dal GIP su richiesta della Pubblica Ministero titolare del fascicolo, e basato sulle indagini dei Carabinieri, imponeva misure restrittive precise: l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di avvicinamento alla moglie (62enne) a una distanza inferiore a 500 metri e con qualsiasi mezzo di comunicazione, e l’obbligo di corrisponderle mensilmente 300 euro, una parte della sua pensione. La Procura aveva ipotizzato i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali aggravate (in relazione ai maltrattamenti) nei confronti della coniuge, che aveva presentato querela a seguito di un periodo di coppia definito “piuttosto turbolento”. Le accuse iniziali parlavano di un presunto regime di isolamento imposto, sottomissioni economiche e persino violenze fisiche, con riferimento a pugni, calci e tirate di capelli subite dalla donna.

Tuttavia, il racconto emerso a processo ha delineato un “calvario” personale per l’uomo: avrebbe dovuto vivere in disparte, non gli sarebbe stato consentito l’uso del bagno interno, ma solo di una doccia esterna nel giardino, sia in estate che, soprattutto, in inverno. Inoltre, pare fosse obbligato a consegnare ogni guadagno e a poter fare ritorno a casa solo quando e se la moglie avesse voluto.
Nonostante il rispetto sostanziale delle prescrizioni iniziali, l’indagato – nel frattempo divenuto imputato – avrebbe commesso presunte violazioni in un paio di occasioni, il 10 e il 24 aprile scorsi. Nella prima occasione, l’uomo avrebbe bussato insistentemente a casa della moglie offendendola e minacciandola. Nella seconda, avrebbe avvicinato la moglie mentre rincasava per insultarla e per intimarle, minacciosamente, di non far entrare in casa alcun altro uomo. In precedenza, erano stati segnalati anche messaggi WhatsApp e telefonate molesti. Questi episodi, seguiti dall’ennesima querela della donna, avevano portato, lo scorso 23 maggio, il giudice a optare per un aggravamento della misura cautelare, disponendo la custodia in carcere.
Il ribaltamento, se così lo si può definire, della situazione è avvenuto nell’udienza tenutasi pochi giorni fa. I giudici del Tribunale di Brindisi, accogliendo l’istanza dell’avvocato Mancini e basandosi sugli elementi sin qui raccolti, hanno deciso per la scarcerazione del 65enne. Questo orientamento del collegio, condiviso anche dal pubblico ministero e dal difensore di controparte, ha dato al processo una piega diversa rispetto all’inizio.
In particolare, gli stessi testimoni della pubblica accusa avrebbero in parte smentito le dichiarazioni della querelante, “fornendo un quadro della situazione tra i coniugi senz’altro conflittuale, ma caratterizzata da aggressioni verbali reciproche”. A rafforzare questa nuova prospettiva, sono stati ammessi a processo numerosi audio (perlopiù WhatsApp) nei quali sarebbe la stessa moglie a rivolgere al marito insulti di ogni tipo, chiamandolo ripetutamente “cornuto” e “scansafatiche” e impiegando toni verbalmente violenti, ritenuti tali anche dalla magistratura requirente e giudicante.
Il quadro di gravità della situazione, che inizialmente aveva portato all’applicazione del “codice rosso” per i casi di violenza sulle donne, sembra essersi dunque un po’ ridimensionato anche grazie all’apporto dei testimoni. Il processo proseguirà il suo corso, con il prossimo step della difesa che sarà puntare all’assoluzione, ma la partita resta comunque aperta per la definizione delle responsabilità finali.