Carabiniere ucciso, Giannattasio in silenzio davanti al gip: per lui accuse gravissime, rischia l’ergastolo – La ricostruzione

Si è avvalso della facoltà di non rispondere alle domande del giudice per le Indagini preliminari (gip) il 57enne di Carosino, Camillo Giannattasio, accusato dalla Procura di Brindisi del concorso nell’omicidio di Carlo Legrottaglie, il brigadiere capo dei carabinieri (59 anni, di Ostuni) della compagnia di Francavilla Fontana tragicamente ucciso nelle prime ore del mattino dello scorso 12 giugno. L’interrogatorio di garanzia si è tenuto questa mattina (23 giugno) nel carcere di Taranto, dove Giannattasio è detenuto.

L’uomo è ritenuto complice dell’esecutore materiale dell’efferato delitto, avvenuto al termine di un rocambolesco inseguimento partito nella zona Pip di Francavilla Fontana e conclusosi nelle campagne di Contrada Tiberio. Secondo l’accusa, Giannattasio avrebbe agito in concorso con Michele Mastropietro (59enne di Carosino) che, qualche ora dopo l’omicidio del brigadiere, è rimasto a sua volta ucciso in un conflitto a fuoco con le forze dell’ordine (polizia) nelle campagne di Grottaglie.

Il brigadiere capo Legrottaglie

Di fronte al gip Simone Orazio e al sostituto procuratore Raffaele Casto, l’indagato ha mantenuto il silenzio. Giannattasio ha sostenuto l’interrogatorio accompagnato dal suo legale di fiducia, l’avvocato Luigi Danucci, scegliendo di non rilasciare dichiarazioni in merito alle gravi accuse che pendono sul suo capo. Si tratta di accuse tanto assortite quanto gravi: in primis, il concorso in omicidio volontario aggravato.

Secondo il gip Orazio che nei giorni scorsi ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, Giannattasio non sarebbe stato un inconsapevole accompagnatore di Mastropietro, ma un probabile fornitore dell’arma del delitto (nel garage e nella ferramenta di Giannattasio, infatti, è stato scoperto un arsenale) e a sua volta nella disponibilità di una Beretta 7.65 parabellum ritrovata nell’auto in cui si trovavano egli e Mstropietro.


Stando alla ricostruzione fornita dal carabiniere sopravvissuto (il brigadiere Costanzo Garibaldi, di San Marzano di San Giuseppe) anche Giannattasio al termine della fuga sarebbe uscito dal veicolo per dirigersi minacciosamente contro i militari salvo poi fuggire in direzione Grottaglie al pari di Mastropietro.

Il tutto, si ricorderà, era nato da un inseguimento – cominciato prima delle 7 del 12 giugno – tra la zona industriale e le campagne di Francavilla Fontana. Una pattuglia del nucleo operativo e radiomobile dei carabinieri aveva notato un veicolo sospetto (una Lancia Y di colore grigio tortora, poi risultata rubata il 15 maggio scorso a Locorotondo). Quel veicolo era parcheggiato contromano in via dell’Artigianato e il conducente (Giannattasio), alla vista della pattuglia, si era dato alla fuga per scongiurare il controllo.

Nel frattempo, come riferito dal brigadiere Garibaldi, sarebbe anche spuntato un dito medio all’indirizzo dei carabinieri, lanciatisi all’inseguimento. Un inseguimento protrattosi fino a contrada Tiberio, dove la Lancia Y era finita contro un palo dell’elettricità. A quel punto, Mastropietro avrebbe sfogato la sua rabbia criminale contro il brigadiere capo Legrottaglie (colpito fatalmente all’addome con interessamento dell’arteria femorale). Garibaldi, a propria volta puntato da Mastropietro, sarebbe riuscito a deviarne l’arma (una Beretta calibro 9×21) prima di estrarre la pistola d’ordinanza, ma si sarebbe poi concentrato a prestare soccorso al collega ferito.

Nel frattempo, Mastropietro e Giannattasio sarebbero fuggiti a piedi in direzione Grottaglie prima di essere stanati da una pattuglia in moto (“falchi”) della polizia di Stato. Un secondo conflitto a fuoco, stavolta costato la vita a Mastropietro dopo che quest’ultimo avrebbe cercato di far fuori anche i poliziotti. Giannattasio, invece, si era arreso senza – pare – aver esploso neppure un colpo né nella prima né nella seconda occasione. I reati di cui è accusato, tuttavia, potrebbero teoricamente costargli anche l’ergastolo.

La decisione dello stesso Giannattasio di non rispondere, oggi, alle domande del gip, pur rientrando in una legittima strategia difensiva, non interrompe il corso delle indagini. Gli inquirenti proseguiranno il loro lavoro per raccogliere ulteriori elementi e dettagli utili a definire con precisione suoi ruolo e le responsabilità nella tragica morte del brigadiere Carlo Legrottaglie, un episodio che ha lasciato un profondo segno nel tessuto sociale e nella lotta alla criminalità organizzata nel territorio.

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