I carabinieri del Ris di Parma cercheranno di capire se il 57enne di Carosino Camillo Giannattasio abbia sparato o no nel giorno (12 giugno scorso) morirono sia il brigadiere capo Carlo Legrottaglie (59enne di Ostuni), sia Michele Mastropietro (59enne di Carosino) di cui Giannattasio è ritenuto complice. I militari del reparto scientifico, come disposto dal pubblico ministero Francesco Ciardo della Procura di Taranto, condurranno lo “stub test” su mani e indumenti di Giannattasio con sofisticate tecniche microscopiche e dattiloscopiche.
Giannattasio è tuttora in carcere per il presunto concorso nell’omicidio di Legrottaglie e per il tentato omicidio di due poliziotti, gli stessi che stanarono Mastropietro e Giannattasio tra le campagne di Grottaglie dopo un primo conflitto a fuoco in contrada Tiberio a Francavilla Fontana. Nel secondo conflitto a fuoco, invece, ha perso la vita Mastropietro.
Giannattasio, difeso dall’avvocato Luigi Danucci, aveva il test dello stub subito dopo il suo arresto, nel tentativo di dimostrare di non aver sparato. La richiesta non era in un primo momento stata accolta, ma il quadro è cambiato in seguito. Nello stesso giorno della tragedia, la polizia trovò e sequestrò numerose armi tra casa a Carosino e una ferramenta a San Giorgio Jonico proprio di Giannattasio. Inoltre, nella Lancia Y (risultata rubata il 15 maggio scorso a Locorotondo) erano state trovate una pistola calibro 7.65 e munizioni. In più, nel bagagliaio, una valigetta nera contenente altre armi.
Si sospetta che Giannattasio e Mastropietro avessero pianificato qualcosa, indossando tute e guanti scuri. Lo scontro tra i due e una pattuglia dei carabinieri (di cui faceva parte, oltre a Legrottaglie, anche il brigadiere Costanzo Garibaldi) sarebbe scaturito da un’intuizione dei militari. Prima delle 7 di quel 12 giugno (un giovedì) quella Lancia Y era parcheggiata contromano in via dell’Artigianato nella zona industriale di Francavilla Fontana. La circostanza insospettì Legrottaglie e Garibaldi che ipotizzarono un controllo anche perché nel frattempo da quell’auto era spuntato – stando alla relazione del brigadiere sopravvissuto – un dito medio al loro indirizzo.
Come noto, ne scaturì un inseguimento tra l’Alfa Romeo Tonale dell’Arma e la Lancia Y. L’inseguimento terminò tra le campagne francavillesi a neppure un chilometro da dov’era iniziato. La Lancia, guidata da Giannattasio, dopo tutta una serie di manovre spericolate, terminò la sua corsa contro un muretto a secco e poi contro un palo dell’elettricità.
I carabinieri scesero dall’auto di servizio e poi anche i fuggiaschi da quella incidentata. Il brigadiere capo Legrottaglie si diresse verso lo sportello lato passeggero, da dove sbucò Mastropietro che fece fuoco e ferì a morte Legrottaglie (all’addome, con interessamento dell’arteria femorale). Nel frattempo, Garibaldi si ritrovò in un uno contro due, perché a suo dire anche Giannattasio si sarebbe diretto verso la “gazzella” dei carabinieri. Di più, il brigadiere avrebbe anche deviato l’arma di Mastropietro, colpendolo a un fianco, prima di riuscire a estrarre la propria pistola. Infine, Giannattasio e Mastropietro sono fuggiti a piedi per le campagne fino a rifugiarsi a Grottaglie, contrada Le Monache, nei pressi di una masseria.
Qui sopraggiunsero i “falchi” in moto della polizia in forza al Commissariato grottagliese che ingaggiarono una sparatoria nella quale ebbe la peggio proprio Mastropietro, mentre Giannattasio pare si arrese senza opporre resistenza.
Inizialmente, a Giannattasio sono state contestate a Taranto la resistenza a pubblico ufficiale, la detenzione e il porto di armi. Poi, a Brindisi, anche il concorso in omicidio e nel tentato omicidio dei due poliziotti (l’ispettore Ivan Lupoli e il sovrintendente Giuseppe Cavallo). Gli agenti sono indagati per eccesso colposo nell’uso delle armi, difesi dagli avvocati Giorgio Carta e Antonio Maria La Scala. I poliziotti sono stati, nei giorni successivi ai fatti, ricevuti al Viminale dal ministro Matteo Piantedosi che ha ipotizzato per loro il conferimento di una medaglia al valor civile.
Intanto, Giannattasio – in regime cautelare di custodia carceraria – è stato interrogato sia a Taranto che a Brindisi, ma in entrambi i casi si è avvalso della facoltà di non rispondere. Rischia, tecnicamente, molto grosso (persino l’ergastolo) ma in questo senso comprendere se abbia sparato oppure no potrebbe avere il suo peso nel procedimento in corso.