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Francavilla, scisma 5 Stelle prima delle elezioni: «Noi eravamo quelli veri»; «Sì, ma noi abbiamo il certificato»

Il precedente logo dei 5 Stelle francavillesi, risale a un anno fa: prima della diaspora
Il precedente logo dei 5 Stelle francavillesi, risale a un anno fa: prima della diaspora

C’erano due gruppi, ne è rimasto uno solo, ma non senza polemiche e promesse di denunce e «poi facciamo i conti». Il Movimento 5 Stelle, alle elezioni politiche dello scorso anno, prese a Francavilla il 19 per cento e tutti e due i “meetup” allora esistenti gioirono: essere secondi soltanto al Popolo della Libertà, con tanto di candidato locale al Senato, superiori al Partito Democratico, equivaleva ad aver conquistato un successone, specie in una città ad alto tasso di politicizzazione qual è, storicamente, la Città degli Imperiali.

Da quella tornata elettorale sono trascorsi appena 14 mesi, ma di acqua sotto i ponti n’è passata e, in seno ai pentastellati, tutto è cambiato. Se all’epoca i grillini – confortati dal dato delle politiche, che era comunque da tenere in considerazione come dato nazionale – gongolavano e si proponevano come prima, credibile alternativa al centrodestra, oggi le legittime aspettative sono ben altre.

Non che le divisioni l’anno passato non ci fossero, ma adesso è scoppiata una guerra tra (ex) fratelli-coltelli. Il meetup certificato da Beppe Grillo – o meglio, dalla Casaleggio Associati – nel 2013 faceva capo ad alcune persone, con in testa Fabio Cristofaro (oggi a sostengo del candidato di centrosinistra

Maurizio Bruno), nel 2014 le cose si sono stravolte a causa di «dinamiche partitocratiche – denunciano gli esclusi, alcuni dei quali nel frattempo confluiti in altri movimenti, da “Noi ci siamo” a Sel, fino al Nuovo Centrodestra – che mai ci saremmo aspettati dal Movimento». Il meetup datato 2014 fa invece capo a Gianpiero D’Amuri.

Fabio Cristofaro
Fabio Cristofaro

Si tratta, in realtà, di conflitti che paiono originare, almeno in parte, dalla tanto odiata burocrazia che, a quanto pare, caratterizza i 5 Stelle non meno che altre forze politiche. C’è, infatti, tutta una trafila da seguire pedissequamente, fatta di autorizzazioni e formalità, prima di potersi qualificare come “cittadini” certificati e quindi di poter utilizzare il simbolo e presentare la lista alle elezioni. Si parla, in questo caso, di amministrative, quelle in programma a fine maggio per il rinnovo degli organi comunali francavillesi.

I componenti della nuova lista, munita del necessario bollino di qualità, saranno in minima parte quelli del 2013, dopo che la Casaleggio Associati ha conferito mandato al suo notaio di fiducia – il milanese Valerio Tacchini – a ché riconoscesse il “nuovo” anziché il “vecchio” meetup, cioè quello di D’Amuri anziché quello di Cristofaro.

C’è chi parla di “complotto” e di strategie biecamente politiche, che dovrebbero essere del tutto estranee ai 5 Stelle, e chi invece di semplice, maggiore tempestività da parte dei “fortunati” nella presentazione delle richieste a Grillo e alla Casaleggio.

Giampiero D'Amuri
Giampiero D’Amuri

Sta di fatto che, come del resto accaduto in altre parti d’Italia, i grillini non sono più compatti, ammesso che a Francavilla lo fossero mai stati, e si scambiano – da tradizione ormai consolidata – reciproche accuse, soprattutto online, così che dei panni sporchi possano farsi un’opinione anche gli esterni al movimento. Sui social si leggono cose del tipo: «Ecco i documenti, i veri grillini eravamo noi: che ne è stato dei 50 iscritti al precedente meetup e perché alcuni fuoriusciti risultano ancora iscritti?», seguite da riposte quali: «I veri grillini, quelli certificati siamo noi, la vostra è solo invidia, ci vediamo alle elezioni».

Questioni ideologiche, ma anche personali alla base di questo piccolo “scisma” in salsa francavillese, questioni che si trascineranno, tra rancori e rese dei conti, fino alle prossime elezioni di maggio, quando in ogni caso, per grillini col certificato ed ex grillini senza certificato, sarà difficilissimo ripetere l’exploit delle politiche 2013. Lo sarebbe stato comunque, anche se nel frattempo le gerarchie dei gruppi esistenti non fossero state sovvertite dall’alto, dove a dire degli esclusi si preferirebbero dei semplici “yes men”, magari ammanicati con i parlamentari 5 Stelle del territorio – denunciano – piuttosto che «gente che ci credeva e lavorava per davvero».

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