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Estorsione, boss condannato. La vittima allo Strillone: “Ho avuto giustizia, ma giuro sui miei figli che non denuncerei di nuovo”

Il boss del clan torrese della Scu Andrea Bruno, fratello dell’ergastolano Ciro, è stato condannato a 3 anni 6 mesi di reclusione per aver cercato di estorcere denaro con due sue complici all’imprenditore di San Pancrazio Salentino Cosimo Maggiore. Due anni sono stati inflitti anche agli altri due imputati: Salvatore Gennaro e Vito Maci. Lui, la vittima, dopo anni di attesa, ha avuto giustizia. E questo gli basta: “Non mi interessa l’entità della condanna – spiega allo Strillone – né il risarcimento. Mi interessa solo far sapere ai miei concittadini che avevo ragione io”.

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Ma né la ragione, né la giustizia restituiranno a Maggiore quello che ha perso in questi anni. Tutto. “L’ho già detto in passato e lo ribadisco. Se potessi tornare indietro, lo giuro sui miei figli, non denuncerei”. Un’ammissione amara, ma difficile da non comprendere. Da quando l’imprenditore denunciò i suoi aguzzini, facendoli arrestare, la sua vita si è trasformata in un inesorabile calvario: perdendo prima la sua libertà (da allora vive sotto protezione); quindi la sua azienda di infissi. “Prima della denuncia gli affari andavano bene – racconta – poi tutto è andato a rotoli. Ho perso commissioni, nessuno più mi ha fatto lavorare. E alla fine ho dovuto chiudere bottega. Se invece di denunciare avessi pagato il pizzo, fingendo di avere una sorta di dipendente in più, oggi avrei ancora la mia azienda e la mia libertà”.

Emilio Mola

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