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Oria, clamoroso furto di reperti archeologici a palazzo Martini Carissimo

palazzo-martini-carissimo-oriaLa notizia risale, purtroppo, a qualche mese fa, precisamente alla fine di maggio: nottetempo, è stata trafugata da palazzo Martini Carissimo, in piazza Domenico Albanese, a Oria, una decina di reperti archeologici di origine messapica. Il furto è stato comunicato dal Comune, proprietario dell’immobile e del museo in esso ospitato, alla Soprintendenza di Taranto e non a caso la denuncia è stata formalizzata dalla responsabile di quell’ente presso la locale stazione dei carabinieri di Oria.

Non è dato ancora conoscere la tipologia e, con essa, il valore della refurtiva, ma trattandosi di oggetti antichissimi, non è escluso che il danno arrecato all’intera comunità possa essere stato ingente. I fatti si sono verificati nella notte tra il 24 e il 25 maggio scorsi, quando presso palazzo Martini erano in corso i preparativi per i lavori di ristrutturazione che, non appena terminati, porteranno alla realizzazione in quegli stessi locali di un museo più grande, ricco e quindi importante rispetto a quello che è stato ospitato finora.

I ladri, evidentemente bene informati circa i traslochi in corso e forse la maggiore vulnerabilità della struttura, hanno forzato il portone d’accesso e poi un ingresso interno prima di appropriarsi dei dieci reperti prescelti, le cui dimensioni non particolarmente ingombranti si sarebbero prestate a un facile e tranquillo trasporto una volta all’esterno. Dell’effrazione e dell’ammanco si sono accorti, all’indomani dell’accaduto, gli stessi operai, che hanno contattato le autorità competenti, Comune in primis.

Alle indagini per risalire agli autori del furto con scasso lavorano gli uomini dell’Arma della stazione di Oria, coordinati dal luogotenente Roberto Borrello e, in questo periodo, dai marescialli Orlando e Caraglia.

Non si esclude, però, che i reperti siano già finiti e stati piazzati sul mercato nero.

Spiace che una notizia di tale rilievo e interesse pubblici emerga soltanto ora –  a distanza di tre mesi – e per puro caso, quando sarebbe stato più corretto da parte dell’amministrazione comunale e della stessa Soprintendenza rendere noto l’episodio, commesso in danno della collettività, poiché quei beni sono per definizione di tutti, a tempo debito, ossia immediatamente.

Eliseo Zanzarelli

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