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Esplosione “Pinco Pallino”, in appello pena ridotta e libertà per il complice sopravvissuto

Nella foto Salvatore Candita. Le fiamme gli hanno causato ustioni su tutto il corpo
Nella foto Salvatore Candita. Le fiamme gli hanno causato ustioni su tutto il corpo
Saverio Candita senza il bendaggio
Saverio Candita senza il bendaggio

Scende da quattro a tre anni, a seguito della sentenza emessa ieri dalla Corte d’Appello di Lecce, la pena inflitta al 29enne Saverio Candita, coprotagonista suo malgrado dell’esplosione, nella notte tra il 29 e il 30 settembre 2014, del negozio di calzature “Pinco Pallino” tra via San Francesco e via Boito a Francavilla Fontana. Un’esplosione che, come si ricorderà, procurò la morte del suo amico e coetaneo Antonio Rizzo, marito della titolare dell’esercizio (Maria Fontana Giuliano), oltre che numerosi danni. Candita, condannato per incendio doloso e morte come conseguenza di altro reato, è anche tornato libero: nessuna misura a suo carico.

Le tesi difensive del suo avvocato di fiducia, Michele Fino del foro di Brindisi, sono quindi state in parte accolte (aveva puntato all’assoluzione piena, poiché Candita si è sempre dichiarato all’oscuro del disegno di Rizzo e in sua compagnia solo per concludere un affare, ossia l’acquisto – poi sfumato – di uno stock di merce).

Antonio Rizzo
Antonio Rizzo

La deflagrazione fu causata dallo sversamento nei locali dell’attività commerciale di 30 litri di benzina, cui poi Rizzo – affetto da problemi di salute e in difficoltà economiche – appiccò il fuoco, salvo poi essere investito dall’onda d’urto mentre tentava di darsi alla fuga imboccando le scale che conducono giù negli scantinati. Nel frattempo, Candita era rimasto ad attenderlo in auto per strada. Dalle successive ricostruzioni degli investigatori emerse come Rizzo puntasse a ottenere il risarcimento dell’assicurazione.

esplosione via san francesco francavilla
Il negozio in fiamme quella tragica notte

In quanto a Candita, i carabinieri in forza alla compagnia della Città degli Imperiali lo scovarono, ustionato e bendato a mo’ di mummia dopo che si era fatto medicare da una parente infermiera, nella sua abitazione a Torre Santa Susanna. A processo, sono state più di venti le parti civili la cui costituzione è stata ammessa dal giudice. Hanno chiesto risarcimenti relativi ai danni patrimoniali (su beni mobili e immobili) e non patrimoniali (danni biologici) da quantificarsi in separata sede. Sono state assistite dai legali: Domenico Attanasi, Antonio Andrisano, Gabriele Di Noi, Maria Maddalena Iuspa, Massimo Romata, Giampiero Ignazzi, Maria di Castri, Giovanni Luca Aresta, Donato Manelli, Francesco Sabatelli e Carmela Passaro.

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