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Incendio a Centro Casalinghi e ritardi, il caso portato in parlamento dal Sen. Iurlaro

incendio centro casalinghi francavilla 1

Il senatore Pietro Iurlaro
Il senatore Pietro Iurlaro

Il senatore Pietro Iurlaro (Ala) ha portato in parlamento, con un’interrogazione ai ministri dello Sviluppo economico, della Giustizia, delle Infrastrutture e trasporti, del Lavoro e politiche sociali, il caso del Centro Casalinghi di Francavilla Fontana che – come si ricorderà – il 17 luglio 2012 fu devastato da un incendio di proporzioni gigantesche. A distanza di oltre quattro anni da quel giorno, l’impresa non è stata ancora risarcita del danno dalla compagnia assicurativa e decine di suoi dipendenti non sono potuti tornare a lavorare. Qui di seguito l’interrogazione del parlamentare originario di Francavilla Fontana.

Premesso che, per quanto risulta all’interrogante:

in conseguenza di devastante incendio sviluppatosi nella notte del 17 luglio 2012, parte importante degli stabilimenti di Centro Casalinghi Srl, ubicati a Francavilla Fontana (Brindisi) Z.I. contrada Olmo, sono stati letteralmente distrutti;

il danno patito dalla Centro Casalinghi Srl era coperto da assicurazione con la Milano Assicurazioni prima, e poi, a seguito delle note vicende che hanno riguardato la compagnia in questione, con la Unipol-Sai assicurazioni SpA, attuale assicuratore;

la copertura del rischio incendio per i capannoni andati distrutti in conseguenza dell’incendio risulta essere stata accesa decenni or sono, e costantemente rinnovata;

al fine espresso di accertare le cause dell’incendio e l’entità dei danni patiti dalla Centro Casalinghi Srl, ad oltre 3 anni dall’incendio, è ancora in corso un procedimento giudiziale (accertamento tecnico preventivo) ed una procedura contrattuale di accertamento di cause dell’incendio ed entità dei danni conseguenza immediata e diretta dell’incendio (cosiddetta perizia contrattuale), procedimento previsto in polizza;

in merito all’incendio ed alle sue cause sono state svolte, nell’ambito di indagine preliminare provocata da denuncia di Milano-Unipol-SAI Assicurazioni (proc. pen. n. 1119/2013 Rgnr della Procura della Repubblica presso il tribunale penale di Brindisi), indagini approfondite (ed in detto ambito altrettanti ed altrettanto approfonditi accertamenti tecnici) nell’ambito del quale sono stati iscritti quali indagati i signori: DI CASTRI Pompeo, (indagato e parte offesa avendo a sua volta sporto tempestiva denuncia contro ignoti), DI CASTRI Vincenzo; DI CASTRI Vincenzo;

tutto ciò a seguito di denuncia depositata presso gli uffici della Procura della Repubblica di Brindisi in data 15 gennaio 2013, a firma del dottor Valter Pavia, in rappresentanza di Milano Assicurazioni, determinata dai cosiddetti accertamenti svolti “dai tecnici della Compagnia”;

considerato che, a giudizio dell’interrogante:

a seguito di approfondito esame del caso, nonché di un buon numero di casi similari, si disvelerebbe l’approntamento da parte delle compagnie di assicurazione in genere, e nel caso particolare da parte di Milano-Unipol-Sai assicurazioni, di un vero e proprio modus operandi pianificato a monte, a prescindere dalla specificità del singolo caso, che consentirebbe all’assicuratore di non pagare quasi “mai” il danno o l’indennizzo dovuto a termini di polizza, o al più di pagarlo al curatore dell’azienda oramai fallita; e dunque di pagarlo, come si suol dire eufemisticamente, in maniera “molto forfettizzata “; il tutto naturalmente ad esclusivo vantaggio dell’assicuratore;

questo modus operandi sembra, da un lato, “danneggiare” l’azienda contraente a mezzo di sostanziale inadempimento, dall’altro, i lavoratori, che il più delle volte a causa del fallimento o della ristrutturazione o ridimensionamento dell’azienda attinta dal danno, ed a causa del danno non tempestivamente indennizzato, perdono il lavoro;

la procedura messa in atto, in linea generale, dalle grandi compagnie di assicurazioni, e nel caso di specie portata avanti a parere dell’interrogante con arroganza e scontando di ottenere il risultato prefissato da parte di Unipol-Sai assicurazioni, e cioè a dire non pagare il giusto indennizzo dovuto in relazione ai danni effettivamente verificatisi, si articola in una serie di frazioni (quelle di seguito analiticamente indicate) che, singolarmente esaminate, di per sé appaiono del tutto legittime, costituenti addirittura diritto potestativo (vista la vicenda dal versante assicurativo). Il punto è che pianificate in astratto ed a monte del singolo danno (cioè di ogni danno con determinate caratteristiche), e dunque sinergicamente coordinate al fine espresso di non riconoscere il giusto indennizzo all’assicurato, producono un risultato che, a termini di codice civile, integra un palese inadempimento del contratto di assicurazione del rischio danni coperto in polizza; su altro versante, alla luce della necessità che il procedimento ha di forzare le regole non solo della buona fede contrattuale, la procedura denunciata è suscettibile di sfociare nell’illecito penale vero e proprio;

del resto, le compagnie di assicurazioni, nel porre in essere il comportamento descritto, si stanno avvalendo di un sonnacchioso atteggiamento della giurisprudenza a fronte di un modus operandi messo a punto nel corso di decenni e decenni di esperienza nel settore; atteggiamento che per esempio la giurisprudenza non ha nei confronti dell’abusivismo edilizio, anche quello di entità bagatellare. Infatti, in detto ambito giurisdizionale penale, la magistratura, nel giudicare della sussistenza di un illecito edilizio o meno, guarda il risultato finale, l’opera realizzata, pervenendo a sentenza di affermazione di penale responsabilità, anche se l’opera è il risultato di frazioni coperte da autorizzazioni edilizie o permessi a costruire, singolarmente considerati del tutto legittimi, e sempre singolarmente considerati costituenti condotte di concorso nell’illecito. Altrettanto succede in materia fiscale;

la stessa cosa non accade nell’ambito d’interesse, nel quale contesto invece la magistratura continua ad accontentarsi della valutazione delle singole frazioni del protocollo approntato dalle grandi compagnie di assicurazioni, in danno del consumatore assicurato;

infatti, una volta avvenuto il sinistro, la polizza sottoscritta dall’assicurato, per la quantificazione del danno, rimanda ad una perizia contrattuale della quale non sarebbe previsto in polizza (almeno in quella sottoscritta dalla Centro Casalinghi Srl) né il termine di inizio, né soprattutto quello entro il quale la procedura di accertamento contrattuale deve concludersi;

nella parte della polizza che per i danni demanda alla perizia contrattuale, non ci sarebbe neppure una parola sulla metodica di accertamento;

ulteriore particolare di grande importanza: la polizza di Milano-Unipol-Sai non impedirebbe neanche la sostituzione del proprio perito alla compagnia, magari proprio mentre i lavori di quantificazione sono sul punto di concludersi, com’è accaduto nel caso di specie, determinando, così, una ripartenza sostanziale degli stessi, perché il nuovo perito nominato in sostituzione del precedente, dovendosi assumere delle responsabilità, vorrà controllare il lavoro fatto dal perito che lo ha preceduto. Il che praticamente impone, come una tela di Penelope, la sostanziale ripartenza degli accertamenti, con conseguente dilatazione dei tempi;

ma vi è di più: il meccanismo volto a sostituire il proprio perito per la compagnia, nel caso di specie per la Unipol-Sai, sarebbe suscettibile di essere reiterato più e più volte, come di seguito illustrato: a) fase uno: “la procedura del fine accertamento danni mai” inizia con la designazione di un perito per ciascuna delle parti (assicurato e assicuratore) e con la designazione di un terzo perito per lo più da parte del presidente del tribunale, a seguito di concorde istanza dei contraenti o ad iniziativa di una delle due, perché tanto serve a consentire all’assicurazione di schermarsi, rifiutando qualsiasi forma di risarcimento essendo gli accertamenti dell’entità dei danni in corso; b) fase due: parte coevamente la denuncia penale contro i danneggiati. Tanto non costa nulla, e anche a forzare le regole, la magistratura sembra restia a procedere per calunnia contro le denunce presentate dalle compagnie, anche quando queste si appalesano assolutamente infondate, pretestuose, e dunque palesemente finalizzate a costituire ostacoli lungo la via crucis, che il danneggiato deve percorrere per giungere, se mai vi giunga, all’agognato ottenimento del giusto indennizzo del danno assicurato;

ebbene, se la denuncia coglie nel segno ed il danneggiante è anche autore dell’incendio, dunque ha commesso un reato, com’è giusto che sia, la compagnia ha risolto il suo problema, pervenendo a non corrispondere a titolo di indennizzo;

se il danneggiato è vittima del danno, comunque la denuncia penale è utile per la compagnia a mettere tra la data del danno e quella del risarcimento anni di attesa, cioè quelli che servono per definire il procedimento penale;

infatti, pendendo il procedimento penale, la compagnia non elargisce alcun indennizzo, perché appunto pende il processo penale e nel caso il denunciante il danno venisse ritenuto colpevole, la compagnia raggiungerebbe, attraverso questo strumento, l’obbiettivo, com’è giusto che sia, di non pagare il danno;

si tenga però conto, inoltre, che il danneggiato può incappare in un rinvio a giudizio, e poi alla fine del giudizio essere assolto anche con formula ampia, magari dopo 3 gradi di giudizio. Tale eventualità però influisce sulla procedura di accertamento del danno e dunque sul giorno in cui l’indennizzo verrà effettivamente corrisposto, perché la compagnia per tutti i danni per i quali si protrae il processo penale alle richieste di pagamento oppone l’impossibilità di pagare, perché pende il processo penale il cui esito potrebbe liberarla dall’obbligo, il che significa che, per aver termine il processo penale, può necessitare anche di 10 anni, durante i quali l’azienda danneggiata non percepisce alcunché;

ma anche qualora, come nel caso di specie, la danneggiata Centro Casalinghi Srl abbia subito l’ostacolo insormontabile della pendenza di un’indagine preliminare conclusasi, come già detto, con archiviazione solo per un paio di anni, c’è comunque la perizia contrattuale che non si conclude mai; come in effetti sta accadendo nel caso di specie;

ma anche ipotizzando (circostanza che nel caso di specie a 4 anni dal danno non si è ancora verificata) che la perizia, contrattuale alla fine si concluda, ed i periti stilino finalmente una perizia che quantifichi un certo importo a titolo di risarcimento dei danni, ebbene a quel punto la compagnia è in condizioni (il sistema civilistico italiano e processual-civilistico lo consente) che la compagnia possa impugnare la perizia contrattuale, incoando, a mezzo giudizio civile ordinario, atto di citazione per motivi diversi, a volte anche nei confronti del proprio perito, convenuto in giudizio insieme agli altri per inadempimento del mandato, e per ulteriori altri profili rivenienti dal modus operandi dei periti o altro;

parte così una causa civile, la cui prospettiva è di un ulteriore decennio di durata, e comunque rappresenta una spada di Damocle sull’ipotetica quantificazione, che consente alla compagnia di continuare a sottrarsi all’obbligazione contrattualmente assunta e su di essa gravante, per non pagare il giusto indennizzo al danneggiato e tanto in attesa della sentenza, che definirà il giudizio civile, che, come noto, si può articolare in tre gradi di giudizio;

in tutto questo, nel caso di specie, pur costantemente interessato, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni non avrebbe fatto altro che fornire risposte vaghe e a carattere strumentalmente interlocutorio, che oggettivamente risultano fare sponda alla denunciata situazione,

si chiede di sapere:

se i Ministri in indirizzo siano a conoscenza della situazione rappresentata, che ovviamente esula dal singolo caso specifico, ma si mostra come alquanto generalizzata;

se e quali iniziative di propria competenza intendano assumere, a tutela delle imprese vere, con decenni di storia imprenditoriale alle spalle e dei lavoratori;

quali azioni intendano porre in essere per impedire il protrarsi delle denunciate pratiche, oggettivamente sconfinanti a parere dell’interrogante nell’illegalità, sia sotto il profilo civilistico sia sotto il profilo penale;

se non ritengano opportuno apportare modifiche al codice civile, a mezzo di inserimento, nella parte dedicata al contratto di assicurazione di clausole di ordine pubblico, che nei contratti tra professionisti e consumatori, impongano che le procedure di accertamento di cause ed entità dei danni assicurati non giudiziali, e dunque le procedure di accertamento dei danni a connotazione pattizia (arbitrato irrituale, arbitrato rituale, perizia contrattuale, arbitraggio, eccetera), debbano necessariamente concludersi entro un tempo massimo predeterminato per legge, con clausola appunto di ordine pubblico. E tanto al fine di tutelare imprese danneggiate, danneggiati in genere, lavoratori dipendenti delle imprese danneggiate, ma anche le compagnie di assicurazione, considerato che qualora ci fosse sul mercato un operatore che volesse avere nei confronti del consumatore un atteggiamento diverso, e più etico, questa ipotetica compagnia, in mancanza dell’intervento prospettato, si troverebbe a subire la concorrenza di quelle compagnie, di quegli operatori che operano sul mercato in maniera non certo cristallina, come sta accadendo nel caso illustrato in premessa.

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