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I legali dell’imputato per maltrattamenti alla moglie: «Ingiusta e inumana gogna mediatica». Con replica

Si pubblica qui di seguito una nota da parte degli avvocati difensori del docente 62enne francavillese imputato – prima udienza del giudizio immediato il prossimo 5 marzo – per maltrattamenti in famiglia (ai danni della moglie) e violazione degli obblighi di assistenza familiare [a margine, una brevissima replica da parte della Direzione dello Strillone]:

Apprendiamo con forte disappunto e stupore, lo sciorinamento da parte di alcuni quotidiani locali della notizia di cronaca giudiziaria che ha per oggetto la citazione a giudizio di un docente di Francavilla Fontana, per presunti maltrattamenti di cui lo stesso si sarebbe reso autore in danno della moglie

La seguente nota s’impone in primis, moralmente nelle vesti di cittadini e padri, prima ancora che in secundis, per dovere defensionale, connesso al mandato conferitoci per la difesa tecnica del patrocinato, nel processo a suo carico che ancora deve avere inizio.

In verità la persona che ci onoriamo di rappresentare, è un modesto professore, che gode di grande rispetto sia nell’ambito scolastico che sociale per il suo carattere mite ed equilibrato.

Costui, padre di famiglia e soggetto del tutto incensurato, è stato attinto da procedimento penale per via di accuse mosse a suo carico dalla moglie convivente, per fatti che sarebbero tanto abituali quanto risalenti, portati a conoscenza dell’Autorità Giudiziaria solo dopo il naufragio di un tentativo di separazione consensuale, non riuscito per mancato accordo sulle pretese economiche avanzate dalla donna.

Sol questo dovrebbe bastare per comprendere come la visibilità mediatica riservata alla presente vicenda, per il tramite di una divulgazione della notizia di reato che presta fede esclusivamente alla ricostruzione accusatoria, finisce per essere nel caso specifico preconcetta ed implicitamente denigratoria.

Non spetta a noi rammentare che l’interesse pubblico alla conoscenza immediata di fatti di grande rilievo sociale, quali la perpetrazione di reati che hanno particolare risonanza giuridico-mediatica nel momento storico attuale, deve essere conciliato con il principio costituzionale di non colpevolezza.

Specificamente, nel caso in cui la cronaca consista nel resoconto di un processo non ancora iniziato, che investe essenzialmente la fase procedimentale e non ancora processuale, è fatto obbligo – quantomeno etico e deontologico – di chiarire le opposte tesi dell’accusa e della difesa, senza tacere aspetti salienti di queste ultime allo scopo di inculcare nel lettore la convinzione di una inevitabile pronunzia di condanna.

Nel caso di specie, dopo aver riportato fedelmente l’ipotesi accusatoria, non ci si è preoccupati di approfondire la vicenda e comprendere le eventuali deduzioni difensive a discarico, tant’è che in taluni articoli, addirittura si spende il nome del difensore a mezzo del quale “con ogni probabilità la persona offesa si costituirà parte civile”, senza però preoccuparsi di raccogliere anche solo il parere della difesa. Ciò con una leggerezza inaccettabile, dal momento che tale difensore e tale difesa tecnicamente non era e non è ancora parte processuale.

Conclusivamente il susseguirsi di articoli così congegnati generano nell’opinione pubblica, naturale ribrezzo considerata la natura della accusa ipotizzata, contribuendo a formare una immagine di colpevolezza intrinseca, più difficile da smontare di qualsiasi prova tecnica a carico.

Così, e’ bene rammentare si perde la professione, la credibilità, i sogni e le speranze che rendono possibile il mestiere di vivere, e tutto ciò in nome di un malinteso diritto di cronaca <onnivoro> che tutto divora prima ancora che l’indagato – imputato possa difendersi.

Il pieno diritto alla difesa della propria onorabilità, come previsto dagli art. 2 e 27 Cost., spetta a ogni cittadino e quindi anche a colui che, pur sottoposto a procedimento penale, non deve peraltro essere danneggiato dalla pubblicazione di notizie, né dalla formulazione di giudizi preventivi, in senso negativo, precedenti l’accertamento giudiziario definitivo.

Alla luce di queste brevi ma doverose considerazioni, rispetto ad una vicenda – come quella in questione – che merita il giusto e doveroso approfondimento di giustizia, sarebbe cosa gradita quanto di buon senso se l’informazione facesse propri i principi e gli auspici innanzi richiamati misurando anche le conseguenze ed implicazioni di una siffatta divulgazione, che non sono solo di carattere giuridico, ma preminentemente e più strettamente umane ed esistenziali.

Avv. Augusto Lippolis

Avv. Pasquale Fistetti

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La Direzione de Lo Strillone, nel dissociarsi dalle tesi esposte dagli stimati legali di cui sopra e nel difendere la professionalità della Redazione, rimarca come:

  1. Ogni contestazione a carico dell’imputato sia stata esposta nella forma condizionale e/o dubitativa proprio perché la prova dei fatti deve formarsi a processo;
  2. Non siano stati fatti riferimenti all’identità dell’imputato presunto non colpevole  ovviamente soprattutto a tutela della presunta non-vittima (è forse questo il gergo anti-giornalistico auspicato?) e dei suoi congiunti;
  3.  Il fatto che il Gip abbia disposto il giudizio immediato, su richiesta del Pm, rappresenta di per sé una notizia in quanto uno dei presupposti del rito in questione è costituito dall’evidenza della prova o, meglio, degli elementi di prova (a patto che l’indagato sia stato interrogato sui fatti dai quali emerga, appunto, l’evidenza della prova) e tale presupposto, nel caso di specie, è stato evidentemente già vagliato dal Gip;
  4. La persona offesa non sia (ancora, tecnicamente) parte processuale, ma è senz’altro parte procedimentale, anche perché senza la querela probabilmente il procedimento – per quanto i maltrattamenti siano procedibili d’ufficio – non sarebbe neppure iniziato e anche perché indicata dallo stesso Gip proprio quale persona offesa (probabilmente, futura parte civile e quindi processuale) con tanto di domiciliazione – indicata nello stesso decreto di giudizio immediato – presso il suo difensore di fiducia;
  5. I reati per i quali si procede – sebbene, allo stato, ipotetici – meritino di essere non solo presi in considerazione, ma portati a conoscenza dell’opinione pubblica e persino stigmatizzati dalla stampa, ovviamente nel rispetto dei diritti della persona (ma i diritti alle proprie difesa e onorabilità non possono comprimere tutti i diritti altrui).
  6. Il diritto d’informazione (nella sua doppia accezione, d’informare e d’informarsi) e la libertà di stampa siano diritti costituzionalmente garantiti e non possano essere sottoposti ad autorizzazione o censura.

Eliseo Zanzarelli

 

 

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