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Il calcio italiano e il problema dei giovani dalle ali tarpate: riflessioni e possibili soluzioni per uscire dal cono d’ombra

Lasciate ogni speranza, voi ch’entrate”, scriveva Dante sulla porta dell’inferno.

Ma questo vale anche per i tanti giovani che si affacciano alla porta del calcio professionistico con la speranza di sfondare in un top club quanto prima? 

Quanti giovani nell’Italia calcistica vedranno aprire quella porta del passaggio dall’inferno al paradiso? Ogni anno pochi, molto pochi. 

Perché? Quali sono le cause?

Col passare del tempo, i club sono costretti a reinventarsi per stare al passo dell’evoluzione calcistica. Qual è il fattore determinante per la crescita di un club? Il vivaio. 

I settori giovanili, considerati giustamente come un potenziale serbatoio per le rose delle prime squadre, da tanto, troppo tempo ormai, sembrano aver perso la loro centralità, se non addirittura il loro significato.

Già, perché se è vero che da sempre è difficile anche per i giocatori più talentuosi emergere poi da professionisti nella squadra che li ha visti nascere, se questa si chiama Milan, Juventus, Roma o Inter.

Purtroppo solo in pochi riescono a fare il salto di qualità, ma chi riesce non sempre ha la possibilità di far parte della prima squadra.

Questo accade soprattutto quando le società preferiscono investire su giocatori già pronti anziché puntare sui talenti e così li mandano in prestito o li cedono ad altre società perché l’idea è che un calciatore uscito dalle giovanili deve dimostrare il suo valore nelle serie inferiori se vuole giocare in A, ma questo percorso ha vari problemi: 

il primo è che spesso inizia alla fine della Primavera, quindi ritarda l’approdo dei giovani al livello più alto, l’altro è che non sembra più un percorso utile, visto che i tecnici italiani sembrano guardare soprattutto alle qualità fisiche, e quelle si possono sviluppare a qualsiasi livello.

Tra questi ci potrebbero essere dei potenziali Marchisio o dei Totti, ma hanno poche possibilità di emergere e farsi apprezzare. Ma non basta avere uno o due giovani emergenti all’anno, se va bene!

I calciatori utilizzati nel massimo campionato di Serie A 2021/2022 sono 553, tenendo conto che il 62% non è italiano e pensare che fino a dieci stagioni fa questa percentuale era del 36%; la percentuale degli italiani che sono stati utilizzati in questa stessa stagione è del 38%. Questi dati devono far riflettere su quanto la situazione stia peggiorando sempre più ed evidenzia il problema che il calcio italiano è in crisi.

L’Italia non è un paese per giovani e la Serie A non è da meno. 

Il maggior talento italiano uscito negli ultimi dieci anni, Marco Verratti, è passato dalla Serie B al PSG mentre le squadre italiane erano ferme a chiedersi se valesse davvero la pena investire 12 milioni per un diciannovenne che forse si sarebbe rivelato un flop. Verratti chiuse la prima stagione in Francia con 39 presenze tra campionato e coppa facendo 4 assist, un bel rendimento per un giovane che nell’arco di un anno è passato dalla Serie B al massimo campionato francese, la Ligue 1.

Se fosse rimasto in Italia quante presenze avrebbe accumulato in una grande squadra di Serie A? Circa 4/5 perché i club italiani sono i classici materialistici che amano spendere anziché investire nel proprio vivaio. Negli ultimi anni abbiamo visto un piccolo cambiamento: calciatori come Zaniolo, Barella, Tonali e Chiesa hanno avuto la possibilità di emergere grazie ad allenatori che hanno creduto nelle loro doti calcistiche e hanno colto l’occasione, ma si tratta sempre di fatti che non sono molto frequenti.

Un modello da imitare è senza dubbio quello dell’Ajax, perché l’idea base dei lancieri è quella di ottenere risultati prestigiosi puntando su giocatori giovani e di qualità, meglio se provenienti dal proprio settore giovanile. Una cosa da evidenziare di quel ‘modello Ajax’ è che prevede anche la cessione dei giocatori pregiati e valorizzati. 

Degli esempi? De Ligt, Van de Beek e de Jong.
Il primo è passato alla Juventus, il secondo è stato ceduto al Barcellona mentre l’ultimo ha firmato al Manchester United. Cessioni decisive per le casse del club dato che i Lancieri da questi tre giocatori hanno incassato 195 milioni di euro a fronte di un solo euro speso per prelevare Frenkie de Jong dal Willem II.

L’Atalanta ha iniziato la sua scalata verso la parte alta della classifica anche grazie al coraggio nel lanciare i giovani del proprio vivaio, attualmente ha leggermente modificato modello di gestione, lo usa quasi unicamente come fonte di plusvalenze.
Per esempio: Alessandro Bastoni, il difensore centrale italiano cresciuto a Zingonia ceduto all’Inter appena si è affacciato alla prima squadra. Della rosa attuale solo Giorgio Scalvini viene dal vivaio ed è l’unico under su cui il tecnico punta molto.
Adesso bisogna trovare una soluzione radicale dopo che la nazionale italiana campione d’Europa in carica si ritrova per la seconda volta di fila fuori da un mondiale. Siamo stati capaci di passare dalle stelle alle stalle nell’arco di un anno!!

Se consideriamo che la Nazionale azzurra non gioca una partita a eliminazione diretta in un Mondiale dal 2006 e che i nostri club non alzano una coppa europea dal 2010 (unica eccezione, la Roma di Mourinho quest’anno) ci accorgiamo di essere progressivamente usciti dall’élite del calcio internazionale.

Siamo nella periferia, nella zona d’ombra, fuori dal tanto decantato “calcio che conta”. Non produciamo più fuoriclasse, la qualità della nostra Serie A si è abbassata nel tempo, fatichiamo a dare spazio e continuità a giovani di livello: sono cause correlate che poi danno vita a fallimenti sportivi.

La Serie A nel corso del tempo ha perso competitività, i nostri club in Europa non riescono ad imporsi e la Nazionale ne risente. Nei nostri top club sono sempre meno gli italiani a giocare con continuità: e quei pochi lo fanno in un campionato di medio basso livello, con troppe squadre, e una qualità tendente al ribasso.

Il mondo del calcio però è cambiato rispetto a vent’anni fa, la generazione d’oro è passata con la vittoria del Mondiale 2006 e ormai i vivai italiani si sono impoveriti, mentre il resto d’Europa ha alzato il livello degli investimenti proprio in quel settore.

Nel nostro paese i giovani sono giudicati sulla base dei passaggi che sbagliano, dei dribbling che falliscono e per i talenti offensivi è difficile lavorare sulla creatività in un contesto del genere. 

I migliori giovani attaccanti del nostro campionato hanno molta fisicità e riescono ad abbinare un’ottima tecnica. La Serie A non fa responsabilizzare i giovani giocatori che hanno capacità creative, ma così facendo ne diventa priva, proprio in un momento storico in cui le grandi squadre d’Europa hanno capito quanto è importante la creatività nei giocatori offensivi per scardinare avversari sempre più atletici.  

Quali sono le soluzioni al problema dei giovani nel calcio italiano? La prima è la regola del “minutaggio under” (regola presente nel campionato di Serie C) che invita le società ad impiegare in gare ufficiali diversi giovani. Ogni squadra può iscrivere un massimo di 24 calciatori professionisti a cui aggiungere un giovane nato dal 2001 al 2003. In totale, dunque, 25 calciatori. Gli altri potranno essere aggregati dal settore giovanile.

Per le stesse società che fanno disputare le gare ai giovani, li spetta un indennizzo economico extra… indennizzo che si raddoppia se il giovane viene dal proprio settore giovanile.
Questa regola è discussa da anni perché c’è chi pensa che gli obblighi non debbano esserci e chi invece è sicuro del fatto che questa regola dia la possibilità ai più piccoli di inserirsi velocemente in una realtà di adulti.

La seconda è quella della creazione di una seconda squadra con solo calciatori italiani da parte di tutte le squadre di Serie A, questa, sarebbe un’ottima opportunità per far crescere i giovani e farli entrare subito in prima squadra.

Così recita l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri “E quindi uscimmo a riveder le stelle”.

Un verso di speranza che ora come ora non possiamo far altro che aggrapparci a quest’idea, affinché con i giusti correttivi si possa finalmente uscire dal buio calcistico italiano e rivedere le stelle illuminare il prato verde dei campi di calcio!

Matteo di Castri

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