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False testimonianze? Macché. Condanne in primo grado, assoluzioni piene in secondo grado

Ribaltando le condanna di primo grado ad un anno e quattro mesi e a un anno sei mesi di reclusione inflitte dal Tribunale di Brindisi, la Corte d’Appello di Lecce ha assolto una sessantenne della provincia della BAT e una 56enne di Francavilla Fontana accusate entrambe di avere reso falsa testimonianza in un processo penale. Due casi diversi, ma molto simili nell’epilogo. 

Una delle due donne era finita a processo in quanto sospettata di avere fornito un falso alibi ad una propria amica, affermando che il giorno in cui sarebbe avvenuto un tentativo di speronamento sulla SS 7 la stessa si trovava in compagnia della presunta autrice del fatto presso un ufficio giudiziario di Lecce e che in quella occasione aveva anche conosciuto un avvocato, che presumeva fosse quello presente in aula al momento della deposizione, il quale però successivamente era emerso trovarsi altrove.

Da qui l’accusa di falsa testimonianza e la condanna in primo grado.

La Corte D’Appello di Lecce (Presidente ed estensore Lariccia, a latere Toni e Biondi) ha invece accolto i motivi di impugnazione condividendo  la tesi difensiva della donna, assistita dall’avvocato Domenico Attanasi – studio Open di Francavilla Fontana, secondo la quale la stessa non si era espressa in termini di certezza circa l’avvenuta conoscenza di uno specifico professionista,  ma solo in termini generici e dubitativi, avendo in realtà affermato di avere conosciuto un avvocato che presumeva fosse quello in questione, ma senza esprimersi  con certezza in ordine alla sua identità.

A parere della difesa tale modalità di prospettazione, meramente ipotetica, era tale da escludere in radice il reato di falsa testimonianza. 

La Corte ha pertanto assolto l’imputata con sentenza già divenuta irrevocabile e scritto la parola fine ad un calvario giudiziario iniziato nel 2016.

Altro caso, identico anno, stesso epilogo: un’altra donna – difesa dall’avvocato Pasquale “Franco” Fistetti del Foro di Brindisi, studio legale Schifone – Fistetti e associati – è stata assolta dall’accusa di aver in qualche modo agevolato suo figlio, un 37enne sempre di Francavilla Fontana.



Secondo la pubblica accusa, la donna avrebbe agevolato suo figlio nel testimoniare il falso per il furto della Volkswagen Golf del di quest’ultimo: egli l’avrebbe chiamata ma per lassi temporali ritenuti troppo brevi. In primo grado la donna fu condannata a sei mesi, in secondo è stata mandata assolta totalmente. Lei, insomma, con quei fatti non c’entrava affatto. Nessuno, almeno stando alla verità processuale, dichiarò il falso.

Gli avvocati Attanasi e Fistetti esprimono soddisfazione per aver consentito alla Corte di aver statuito, sempre a loro dire, l’esatto andamento degli eventi. Salvo ricorsi, nel secondo caso, dato che il primo è già chiuso, giustizia è stata fatta.

Non ci furono false testimonianze o esse, sempre a patto che ci fossero, non furono sufficientemente provate. Due sentenze separate ma, si potrebbe dire, in fotocopia. Per la gioia degli imputati innocenti, per quella delle loro famiglie e non secondariamente per quella degli avvocati, i quali sono evidentemente riusciti a dimostrare che no, in ciò che hanno seguito non c’era del marcio in Danimarca. Oltre ogni ragionevole sospetto. 

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