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Madonnaro di Oria, dura condanna per il presunto omicida: 9 anni e 400mila euro di risarcimento. L’artista di strada fu depredato dei sui pochi averi

Nove anni di carcere e 400mila euro di risarcimento alla parte civile. Questa la condanna inflitta in abbreviato al 24enne Mamadou Lamin dal giudice Marcello Rizzo del Tribunale di Lecce. L’accusa, sostenuta da Giorgia Villa, aveva chiesto dieci anni. Lamin è stato ritenuto colpevole della morte del 69enne Leonardo Vitale, madonnaro originario di Oria.

Vitale morì l’11 ottobre in ospedale a Lecce dopo una settimana di agonia a seguito di un’aggressione da lui subita proprio nel capoluogo salentino, dalle parti della stazione ferroviaria. Lamin è stato difeso dall’avvocato Alessandro Stomeo, mentre Giuseppe Vitale – figlio di Leonardo, costituitosi parte civile – dall’avvocato Raffaele Pesce.

Le motivazioni della sentenza saranno depositate entro 60 giorni. Lamin, a suo tempo arrestato dalla polizia, era finito a processo con l’accusa di rapina – s’impossessò dei pochi averi di Vitale, soprattutto i suoi 37 euro – e di omicidio preterintenzionale, ossia oltre l’intenzione di uccidere.

La gip del Tribunale di Lecce Alessandra Sermarini, in sede di convalida, ipotizzò che il reato principale a carico di Lamin dovesse essere quella di morte come conseguenza di altro reato ma la qualificazione delle contestazioni non fu mutata, a differenza di quanto richiesto dall’avvocato Stomeo.

Leonardo Vitale

Lamin riferì di aver agito a quel modo, cioè di aver ingaggiato una colluttazione a scopo di rapina con Vitale, perché aveva fame e intendeva soltanto impossessarsi del trolley di quest’ultimo, trolley nel quale poco prima aveva visto riporre dei soldi. I due si erano incrociati nei pressi di una kebabberia. Stando alle ricostruzioni, Lamin – ingolosito da quel denaro – avrebbe seguito Vitale prima in via Liborio Romano, poi in via Oronzo Quarta dove sarebbe avvenuta la rapina. Vitale cercò di difendere la sua roba, compresi gli attrezzi da lavoro, ma poi cadde al suolo e batté la testa. Lamin prese ciò che doveva prendere e si allontanò in sella a una bici rubata.

Vitale fu poi soccorso e condotto al Fazzi, dove si spense qualche giorno dopo a causa di un’emorragia cerebrale, come emerso dall’autopsia effettuata dal medico legale Alberto Tortorella. Da quell’esame emerse anche un’ecchimosi su uno degli zigomi di Vitale, forse conseguenza di un pugno ricevuto. Lamin ha sempre negato di aver picchiato l’uomo ma ha affermato di essere stato interessato soltanto a quei soldi per potersi permettere del cibo.
Ora, dopo aver letto la motivazione, il legale di Lamin ricorrerà con ogni probabilità in appello.

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