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Non poteva sapere di quella discarica abusiva nei terreni della sua società: assolta con formula piena la presidente di una nota azienda agricola

Finì a processo per aver ospitato – era questa l’accusa – nei terreni di proprietà della sua società una mega discarica, ovviamente illegale. Il giudice monocratico del Tribunale di Brindisi Simone Orazio l’ha però mandata assolta con formula piena “per non aver commesso il fatto”, perché non era a conoscenza di quell’accumulo di rifiuti di ogni genere. Nel mirino dei carabinieri prima e poi della Procura – il pm aveva chiesto un anno di arresto – era finita la 46enne ercolana T.A., presidente del Consiglio di amministrazione di una nota azienda agricola, alcuni dei cui fondi si estendono per circa 40 ettari fra le campagne di Erchie e di Torre Santa Susanna.

Intorno alle 9 del 21 aprile di due anni fa, i militari dell’Arma, accompagnati anche da personale dei Cacciatori di Puglia, s’imbatterono in un sito nel quale – si legge nel verbale di sequestro, poi convalidato dal sostituto procuratore – erano stoccati senz’autorizzazione “rifiuti pericolosi speciali ferrosi e non ferrosi, pericolosi di vario genere (elettrodomestici vari, come anche frigoriferi e climatizzatori che solitamente contengono dei gas liquidi, nonché pannelli di verosimile materiale pericoloso come eternit), rinvenuti in un vano esterno e non coperto dell’immobile censito al catasto di Torre Santa Susanna (…) nonché lungo il suo immediato perimetro e nella parte antistante dello stesso, tra la vegetazione incolta, raccolti e gestiti illecitamente”.

L’avvocato Michele Iaia

Gli investigatori risalirono quindi al proprietario dell’area e alla sua legale rappresentante, ossia la 46enne di Erchie. La donna fu indagata quale responsabile di quello scempio ambientale e fu citata a giudizio dal pm titolare del fascicolo. Si rivolse per la difesa all’avvocato Michele Iaia del foro di Bari, convinta delle sue ragioni: sin dal primo momento ha sostenuto la propria estraneità ai fatti, e cioè che lei di quella discarica non era minimante a conoscenza. Il processo è andato avanti e, udienza dopo udienza, grazie alle sue indagini difensive, l’avvocato Iaia è riuscito a dimostrare come la sua assistita non avesse tutti i torti.

Dinanzi al giudice ha sostenuto come non fosse obbligata, per il sol fatto di essere presidente del Cda di quell’azienda agricola, a perlustrare quotidianamente tutte le proprietà societarie e a verificarne lo stato dei luoghi. Inoltre, il legale ha acquisito le immagini satellitari dell’area, così facendo notare come quei rifiuti o gran parte di essi si trovassero già nei luoghi controllati dai carabinieri da prim’ancora che l’imputata assumesse la carica di presidente.

Nonostante la pubblica accusa avesse chiesto la condanna a un anno di arresto, il giudice Orazio ha invece accolto le tesi difensive, tra le quali anche quella sull’inversione dell’onere della prova. In sostanza, avrebbero dovuto essere investigatori e inquirenti a dimostrare la colpevolezza della donna, non la donna la propria innocenza; cosa, quest’ultima, che pure è riuscita a fare. Di qui la sentenza di assoluzione con formula piena “per non aver commesso il fatto”: di sicuro quei rifiuti in quel posto non ce li aveva gettati la presidente né quest’ultima poteva sapere chi ce li avesse gettati. Queste, almeno, le tesi esposte dall’avvocato. Il magistrato giudicante si è comunque riservato nei canonici 90 giorni il deposito della motivazione della sua decisione.

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