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Castello di Oria, cos’era e cos’è la Collezione Martini Carissimo (oggi sequestrata): reperti messapici, armi, monete, bronzi e altro ancora

L’idea degli ultimi tempi è quella di aprire il castello prima di tutto come un museo, sebbene con bar-ristorante annesso e teoricamente a servizio dei fruitori del museo stesso. Quella museale sarebbe, insomma, l’attività principale, mentre bar e ristorante quelle accessorie. L’iter amministrativo, come scritto, è in corso e presenta una certa complessità.

Al di là di ciò, cosa dovrebbe essere esposto nell’ipotizzato museo del castello di Oria? Si pensa principalmente alla pregevolissima Collezione Martini Carissimo, che però è stata sequestrata nei mesi scorsi dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Bari.

I militari dell’Arma la cercavano a Oria, ma l’hanno trovata a Brindisi – probabilmente mal conservata – in un’area nella disponibilità dei proprietari del castello (e della collezione) cioè della famiglia Romanin Caliandro.

Quello spostamento dei reperti – forse proprio nel periodo dei lavori al castello – non fu autorizzato e anzi avrebbe finito per danneggiarli. Di qui due denunce proprio per danneggiamento e anche per ricettazione a carico di due responsabili di Borgo Immobiliare Srl, giacché oltre ai reperti catalogati della Collezione Martini Carissimo ne sono stati trovati altri il cui possesso non è mai stato denunciato alla Soprintendenza.

I militari dell’Arma specializzati in beni culturali hanno sequestrato in totale circa 850 oggetti archeologici di valore che quindi, per ora, non potranno essere ospitati nell’ipotizzato museo del castello di Oria.

Ma in cosa consiste, di preciso, la Collezione Martini Carissimo? Si tratta di testimonianze tangibili – di molto risalenti nel tempo – che l’ex proprietario del castello, il conte Giuseppe Martini Carissimo, cominciò a raccogliere agli inizi del secolo scorso.

La collezione fu esposta, dal 1934 al 2007, nella Sala delle civiltà pre-classiche del castello e custodiva prevalentemente reperti messapici (in primis vasellame di pregio), comprendendo materiale archeologico proveniente dalle necropoli, mobili, armi, monete, pietre dure incise, statuette fittili, bronzi, ma anche frammenti architettonici di epoca romana e medievale (questi ultimi, perlopiù rivenienti dai precedenti restauri del monumento).


Inoltre, era ospitata nel maniero anche una piccola pinacoteca con quadri del ‘600 e ritratti di regnanti e feudatari del Regno di Napoli. Una raccolta archeologica e artistica ritenuta di assoluto pregio e come tale sottoposta a vincolo di tutela da parte della Soprintendenza: dev’essere perciò conservata rispettando precise accortezze e, senza autorizzazioni specifiche, non può essere neppure spostata (vietato anche alienare o esportare).

Nel corso dei controlli dei mesi scorsi, i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale hanno notato un arricchimento della Collezione che era loro nota: tra gli altri reperti anche una cinquantina di pezzi di dubbia origine. La Collezione Martini Carissimo non è stata depauperata, ma da circa 800 reperti è passata a circa 850, tutti sequestrati e dunque, nelle more del procedimento in corso, nell’impossibilità di essere esposti al pubblico.

D’altra parte, con la precedente proprietà-gestione il castello era tutto una sorta di museo esteso a tutto beneficio di studiosi, scolaresche e turisti. Le modifiche post-acquisto del 2007 condussero a un oggettivo stravolgimento degli ambienti interni e delle rispettive finalità, come in più occasioni affermato dai conoscitori del vecchio castello e come dimostrano anche immagini del prima e del dopo cosiddetto restauro.

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