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“Il tesoro degli Imperiali è mio”, primo stop del Tribunale: causa nata da un pesce d’aprile

 
 
 
 
“Quel tesoro è mio e mi spetta di diritto”. O, meglio, per discendenza. Una donna, nata a Mesagne ma residente a Torino, presunta discendente della dinastia Imperiali, nei mesi scorsi si è rivolta a un avvocato e ha citato in giudizio il Comune di Francavilla Fontana per chiedere indietro delle sempre presunte ricchezze ritrovate, a suo dire, nel 2015 nei sotterranei di Castello Imperiali.
In alternativa al tesoro, ha chiesto due miliardi – sì, miliardi – e 500 milioni, cifra che corrisponderebbe al valore del ritrovamento. Circostanza non trascurabile, il tutto nacque da uno scherzo architettato da una testata locale online.
 
Foto: Emanuele Rametta
L’avvocata Paola Diana

La prima udienza si è tenuta nel capoluogo piemontese lo scorso 30 giugno, poi il 23 luglio la giudice Rosanna Caterina Musa ha emesso un’ordinanza: intanto, il Tribunale di Torino non è competente per territorio a dirimere la questione e ha demandato la trattazione del merito al Tribunale di Brindisi; soprattutto, però, ha condannato la sedicente nobile erede al pagamento delle spese processuali sin qui sostenute dal Comune – costituitosi in giudizio e rappresentato dall’avvocata Paola Diana del Foro di Ivrea – e quantificate in circa 12mila euro più circa 3mila euro per lite temeraria.

La causa civile nasce da un post pubblicato dalla testata giornalistica brindisina Lo Strillone News il primo aprile di sei anni fa, insomma da un “pesce d’aprile”. Nell’articolo-burla, pensato come ogni anno per prendere in giro e far sorridere lettori e lettrici, si fece riferimento a un fantomatico tesoro degli Imperiali riemerso dai sotterranei del Castello Imperiali durante i lavori di riqualificazione che erano in corso nel 2015.

Peraltro, nello stesso post de Lo Strillone News, vi erano chiare indicazioni goliardiche tese a “smascherare” lo scherzo.
Fu scritto che un operaio (P.D.A., che sta per “pesce d’aprile”, 41 anni), intervistato per finta, mentre era intento a scavare fu interrotto da una voce, simile a quella di Beppe Grillo, che gli intimava di fermarsi. Poi crollò un muro e da lì spuntarono “oro, montagnole di monete, quadri, gioielli, lingotti, statue, sacchi pieni di cereali e non so cos’altro”.
E poi in quel vecchio post si legge anche: ” Il tesoro è stato intanto, e in gran segreto, recuperato. Ori, gioielli e opere d’arte, il cui valore è stato stimato in circa 2 miliardi e mezzo di euro, dovrebbe restare nelle casse del Comune. Ma una buona parte sembra già essere sparita. Sul caso la politica non si sbilancia. Il primo cittadino Maurizio Bruno si abbottona e non spiega come intenda investire il patrimonio. Abbiamo cercato di contattarlo telefonicamente, ma dalle Maldive, dove pare si sia recato col proprio jet privato per partecipare a un incontro istituzionale da tenersi nella sua nuova casa affacciata sull’Oceano dal tema ‘piscina olimpionica nel bagno di casa, meglio riempirla d’acqua o di Dom Perignon?’, non risponde a nessuna chiamata”.

Sulla base di questi presupposti, la donna – assistita dal suo legale di fiducia – ha intentato causa per riavere indietro quell’eredità. Il Tribunale di Torino, per il momento, ha risposto “picche”. In accoglimento delle tesi esposte dall’avvocata Diana, si è dichiarato incompetente, ma un primo giudizio sulle spese l’ha già espresso: parte attrice paghi 12.603 euro più 3.150,75 euro (per lite temeraria); poi assumano la causa ed entro 60 giorni decidano nel merito i colleghi brindisini.

Forse il primo pesce d’aprile della storia a esser finito in un’aula di giustizia.

 
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