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Cercava lavoro ma fu picchiato a sangue: condannati marito, moglie e figlio

Cercò lavoro, trovò un pestaggio. Marito, moglie e figlio sono stati condannati per aver picchiato un migrante, reo di essersi presentato in campagna loro, a Torre Santa Susanna, in cerca di occupazione. Il giudice del Tribunale di Brindisi Leonardo Convertini, martedì scorso, ha ritenuto responsabili di lesioni personali aggravate dall’uso di una mazza di ferro Daniele e Antonio Melechì, padre e figlio torresi di 50 e 27 anni: rispettivamente, un anno, un mese e dieci giorni di reclusione per Daniele, otto mesi per Antonio (pena sospesa solo per quest’ultimo).

Carla Carluccio, torrese 43enne moglie del primo e madre del secondo, ha preso due anni e sei mesi di reclusione per calunnia e favoreggiamento personale (tentò di coprire quanto fatto dai congiunti). Gli imputati dovranno anche risarcire la parte civile, un 26enne cittadino del Mali, costituitosi con l’avvocato Domenico Attanasi.

I fatti finiti a processo risalgono al 21 febbraio 2020. Il maliano, ospite di una comunità del posto, quel giorno inforcò la sua bici con un preciso scopo del tutto lecito: cercare lavoro. Notò una casa in costruzione lungo la strada che collega Torre Santa Susanna e Mesagne e, dopo aver scorto gente nel piazzale, fece per avvicinarsi.

L’avvocato Domenico Attanasi

Daniele e Antonio Melechì lo notarono e invitarono a entrare. “Vieni, entra che i cani non ti fanno niente”, gli avrebbero detto. Il migrante accolse l’invito e si addentrò nella loro proprietà ma, una volta giunto in prossimità dei due, fu aggredito brutalmente con schiaffi e poi anche sul con una mazza in ferro, persino quand’era ormai indifeso e giaceva per terra.

Soccorso, fu trasportato in ospedale a Francavilla Fontana, dove gli furono diagnosticati un trauma cranico non commotivo con ampia ferita lacero-contusa e la frattura parziale di un dente incisivo con prognosi di 20 giorni. Nei giorni successivi, il maliano raccontò tutto in caserma e i carabinieri della Stazione di Torre Santa Susanna – coordinati dalla pm Paola Palumbo – identificarono e denunciarono padre e figlio.

Successivamente, Carluccio querelò il migrante per atti osceni e violazione di domicilio. La sua querela risultò però totalmente falsa e finalizzata unicamente a scagionare marito e figlio picchiatori. Di qui, per lei, la condanna più pesante tra quelle emesse dal giudice di primo grado (che depositerà le motivazioni della sentenza entro i prossimi 15 giorni).

Il 26enne del Mali si è anche visto riconoscere i danni, da quantificare in sede civile. Il fatto suscitò a suo tempo scalpore nella comunità torrese e da più parti ci si chiese se si fosse trattato di un qualcosa di ricollegabile al razzismo o se, semplicemente, i padroni di casa avessero scambiato per cattive le buonissime intenzioni del migrante.

Ciò ch’è certo è che quest’ultimo fu ingiustamente e crudelmente picchiato a sangue: a processo è caduta anche l’ipotesi che fosse stato lui per primo ad aggredire i suoi interlocutori.

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